Pensieri & Parole

Per una volta sono d’accordo con Vasco…

Chi mi conosce bene sa che non apprezzo molto l’ultima versione di Vasco: premetto che fino agli anni ’80 e fino all’album “Bollicine” l’ho ascoltato e seguito, ma che poi l’ho progressivamente lasciato, perché mi è parso che i suoi testi abbiano gradualmente perso di mordente e che lui, invecchiando, si sia un po’ troppo ostinato a voler salire sempre su di un palco, anche se, come dico certe volte, si reggeva su di un paletto di vetro piantato nella schiena.

In questi giorni è di scena all’Arena Parco Nord di Bologna, e al suo ciclo di concerti parteciperanno un sacco di persone, come previsto, gente che aveva vent’anni quando ha iniziato e gente che ha vent’anni adesso.

È innegabile che sia ancora capace di attrarre a sé un pubblico formato da almeno tre o quattro generazioni, anche se le sue ultime canzoni sono sempre più piene di “Eh già”, “Mah”, “Sono ancora qua”: ho sempre pensato che la sua più grande fortuna sia stata quella di essere circondato spesso da grandi chitarristi, da Nando Bonini a Stef Burns, fino a Maurizio Solieri.

Intervistato da alcuni giornalisti prima del concerto di apertura dei quattro di Bologna, ha detto secondo me una cosa molto sensata, che cioè gli artisti devono provocare per tenere sveglie le coscienze, che altrimenti si addormentano irrimediabilmente.

Si è poi definito lui stesso un provocatore, per proseguire il discorso fatto: a mio parere, soprattutto nella prima parte della sua carriera lo è stato in qualche modo, con le sue partecipazioni appunto provocatorie al Festival di Sanremo, che gli sono sempre valse gli ultimi posti in classifica, ma comunque l’apprezzamento di una certa parte di pubblico.

Sono anch’io convinto che un artista, specie nel campo della musica, debba in qualche modo provocare, ma non come fanno i Maneskin, per intenderci, con le loro scenette falsamente provocatorie e secondo me costruite ad arte dalla casa discografica che gli sta dietro e dai potentati che governano l’industria musicale italiana, ma con la forza dei propri testi e delle proprie parole.

Un testo che riesce a colpire al cuore e a far riflettere l’ascoltatore vale più di mille false scenette, perché lo induce veramente a riflettere e a ripensare la propria vita, le proprie relazioni e il proprio vissuto sul mondo: ancora di più adesso che i giovani sono addormentati dal potere degli smartphones e dei social networks, passando ore ed ore davanti ad uno schermo, imbambolati e rimbambiti, con la spinta sempre più forte a coltivare relazioni virtuali, dimenticandosi che esiste un mondo là fuori, tutto da esplorare e da scoprire.

Per una volta mi trovo quindi d’accordo con Vasco, perché credo che il senso della sua affermazione ben si adatti a quello che io penso debba essere il messaggio di una canzone o di un disco, una provocazione forte per risvegliare le persone dal torpore in cui sono immerse.

In un’epoca che musicalmente a volte sembra offrire poco, gli artisti a mio parere devono concentrarsi ancora di più su quello che scrivono, perché il messaggio che lanciano può rivelarsi un’importante ancora di salvezza per le giovani generazioni, che si approcciano per la prima volta alla musica e che devono ricevere in dono qualcosa che le stimoli nel profondo e riesca a smuovere l’aura di indifferenza nella quale a volte si nascondono o fanno finta di nascondersi per non vedere la vera realtà dei fatti.

Mi viene in mente a questo proposito quello che hanno fatto i Nirvana per esempio, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90: pur non essendo tecnicamente ineccepibili, hanno scritto testi che sono riusciti a guidare e a dare voce ad un’intera generazione, che si sentiva persa e priva di ideali.

Scrivere testi che colpiscano nel profondo non è tuttavia semplice, perché implica una capacità di osservazione della realtà molto spiccata, oltreché una capacità di comprensione dei fatti che accadono ogni giorno, che renda in grado di interpretarli nel modo giusto e di esprimere a parole qualcosa che possa rivelarsi prezioso per chi ascolta.

Al di là del fatto che Vasco sia o meno un vero provocatore, e a mio parere lo è stato all’inizio della sua carriera, ha detto secondo me delle parole estremamente condivisibili, e questa affermazione gli ha fatto guadagnare dei punti ai miei occhi.

Spero che tanti ragazzi giovani abbiano ascoltato la sua intervista, perché hanno davvero bisogno di capire che è necessario farsi provocare nel profondo, in modo che la propria coscienza si risvegli dal torpore in cui troppo spesso cade: la società e le cerchie di amici non fanno altro a mio parere che contribuire ad alimentare questo torpore, quando invece dovrebbero essere stimolanti ed eccitanti.

Ci sono sicuramente, al di là di tutto, degli artisti moderni che sanno scrivere dei testi che colpiscono nel profondo, come ad esempio gli Arcade Fire, guidati da una coppia marito/moglie.

A questo proposito, mi vengono in mente anche gli White Stripes, addirittura formati da un duetto di coppia, la di là di tutte le possibili storie, vere o inventate, sul loro rapporto: peccato che si siano sciolti, ma per fortuna ci è rimasto Jack White, che con la sua instancabile attività all’interno di gruppi quali i Racounteurs e i Dead Weather, ma anche con il suo progetto solista, cerca di sviluppare un’idea di musica e un’idea di testi che siano capaci di colpire nel profondo, lasciando una traccia nell’anima e nel cuore di chi ascolta.

Non avrei mai pensato di dirlo, ma sono d’accordo con Vasco in questi giorni: la musica è bella perché è sempre possibile cambiare la propria opinione su un artista, rivalutandolo o retrocedendolo.

Io per esempio consideravo Paolo Nutini solo come il cantautore un po’ frivolo di “New Shoes”, ma approfondendone l’ascolto ho scoperto quanto sia qualitativa la sua produzione e quanto sia bella e vellutata la sua voce.

Si fa sempre in tempo a cambiare opinione, ed il mondo della musica è bello anche e soprattutto per questo: qualche anno fa ero, passatemi il termine, molto più “talebano” da questo punto di vista, mentre ora sono molto più flessibile, e sono aperto a nuove idee e a nuovi stimoli, senza disprezzare a priori nessuno, ma giudicandolo solamente dopo aver approfondito ciò che ha creato e composto.

Non mi fermo più alla superficie, ma vado sott’acqua per vederci più chiaro.

 

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