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Luce – Claudio Rigo

Claudio Rigo ci presenta una canzone di fine cantautorato, con la sua voce melodiosa e melodica che si accompagna al sognante suono del pianoforte: sono infatti questi i due strumenti prevalenti all’interno del brano, con l’aggiunta nella sua seconda parte di un beat di batteria e di una breve linea di chitarra, che esegue poche e ben calibrate note.

Ammetto che, quando ho letto il titolo della canzone, ho subito pensato all’omonimo brano di Elisa, vincitore del Festival di Sanremo del 2001: entrambi i pezzi vogliono raccontare una storia, e lo fanno anche attraverso delle immagini e delle metafore, che fanno riflettere l’ascoltatore e lo portano su dei mondi fatti di poeticità ed armonia.

Come detto, abbiamo una consistente presenza del pianoforte, che si dipana praticamente per tutto il brano, come dolce e suadente sottofondo al cantato e alla storia narrata, perché la canzone del nostro cantautore vuole raccontare proprio la storia di un incontro, che ha lasciato un segno indelebile nella sua vita e nei suoi ricordi.

Il pezzo si apre con una breve intro di pianoforte, dai toni avvolgenti e pieni di dolcezza: mi è venuta alla mente una similitudine un po’ azzardata, ma che secondo me ci può stare, quella cioè con il pianista Ludovico Einaudi, artista capace di evocare sensazioni e sentimenti di purezza e luminosità, attraverso le note del proprio pianoforte, che sembrano parlare all’ascoltatore e raccontargli sempre una vicenda diversa, tirando fuori ed esprimendo lampi di luce abbaglianti, ma anche tenerezza, sensibilità e cura dei dettagli.

Dopo l’intro di pianoforte, che dura una decina di secondi, la voce comincia il proprio racconto, dicendo che è accaduto qualcosa a cui la persona incontrata e rimasta nei ricordi non avrebbe mai creduto, cioè che il destino portasse lui così vicino a lei: i suoi capelli biondi sulla sua schiena nuda hanno infatti lasciato una traccia sul cuscino del nostro Claudio, oltreché nel suo cuore.

Si è quindi trattato di un incontro che sembra essersi trasformato in un rapporto d’amore, un’eventualità cui all’inizio nessuna delle due persone coinvolte avrebbe dato credito, ma che sicuramente ha cambiato la vita di una di loro.

La narrazione procede raccontando quindi in che modo la vita del nostro cantautore sia cambiata, perché si parla di un compleanno che lui non avrebbe mai festeggiato, immagino nel caso in cui non avesse incontrato lei, di un viaggio che non avrebbe mai immaginato secondo i contorni che invece lo hanno definito, di un tramonto sul molo visto assieme, di un tatuaggio sul fianco, probabilmente di lei, di una notte trascorsa a parlare.

Tutti questi avvenimenti sono riusciti nell’intento di togliere ogni tipo di rimpianto dalla mente del nostro protagonista, liberandolo da un peso che aveva sulla coscienza e alleggerendo il suo animo, facendolo come volare in cieli sereni e senza nuvole.

La voce, mentre procede nel racconto di questi eventi che hanno cambiato la vita del nostro autore, assume un tono sempre più forte, come se la progressione dei ricordi coincidesse con la progressione verso l’alto della vocalità, che assume dei contorni sempre più definiti, sempre più chiari e netti, aumentando il proprio volume e la propria forza e divenendo quasi stentorea, estremamente affermativa, ma anche un po’ struggente, commovente ed emozionante.

Il prolungamento della parola “rimpianto”, la cui parte finale viene trascinata per qualche secondo, fa da preludio ad un’affermazione di base del nostro Claudio, quasi a compimento di tutto ciò che è stato detto prima, a chiusura di un cerchio rimasto sempre aperto: si dice che certi incontri faranno sempre rumore, come è accaduto nel suo caso, un rumore costituito da musica ascoltata o suonata fino all’alba e di passi su e giù per un balcone, con il pensiero al fatto se ne vale veramente la pena, se ci si può fidare ancora oppure se saranno guai.

Il nostro protagonista deve evidentemente essere rimasto scottato da esperienze precedenti non così felici, ed ha di conseguenza paura di esporsi troppo, perché potrebbe succedere di nuovo un guaio, cosa che lui non desidera, anche in virtù del fatto che questa volta gli sembra quella buona.

Claudio dice alla donna incontrata che, qualunque cosa succeda, lei non deve smettere di risplendere mai, perché si è dimostrata una luce vividissima all’interno della sua vita, in grado di cambiare e trasformare le cose, di lasciare un segno nell’anima e nel cuore.

Dopo questa poetica affermazione, abbiamo il pianoforte che procede da solo per qualche secondo, disegnando una tavolozza di colori tenui, pastello, attraverso delle note nuovamente dolci e avvolgenti, dopo che, trascinato dalla voce del ricordo felice, si era momentaneamente ispessito nel suo incedere, con  le dita che lo suonavano ad esercitare una pressione maggiore sui tasti, dettata dall’accresciuta convinzione e dalla speranza di aver finalmente trovato la persona giusta.

Poi la voce riparte con la sua narrazione delicata, dicendo che il nostro protagonista vorrebbe che il tempo non finisse mai, probabilmente perché si sente talmente bene e soddisfatto da volere che ogni singolo momento duri per l’eternità: questo ritorno del cantato coincide anche con l’introduzione di un beat di batteria costante, dal ritmo energico ma non invadente, regolare e privo di variazioni.

Vorrebbe anche che le loro mani continuassero a cercarsi, probabilmente perché percepisce di avere un bisogno fisico dell’altra persona, che lo prende sia dal lato del corpo che da quello della mente; il bisogno è quello di conoscersi continuamente, di confondersi perché le mani stesse sono intrecciate fra loro, di perdersi, senza chiedersi che cosa potrà o meno accadere, senza quindi pensare alle conseguenze di ogni atto, ai risvolti che ogni singolo gesto potrebbe portare con sé e possedere, lasciando a casa, da parte, tutte le possibili esitazioni, e buttandosi anima e corpo in un rapporto che sembra veramente reale e soddisfacente.

Claudio chiede all’altra persona di spiegargli che cosa è successo e di raccontargli i suoi sogni e trova veramente bellissimo il fatto di riuscire a strapparle un sorriso, un sorriso che rende ancora più bello il suo viso: i due sono veramente riusciti a tirare fuori la loro vera essenza, tanto che il nostro cantautore dice che quelli che ha descritto finora sono veramente loro, senza alcuna finzione, ma con tanta autenticità e verità.

La parte finale di quest’ultimo verso viene di nuovo trascinata per alcuni secondi, trasformando la lettera finale del verso stesso in un vero e proprio vocalizzo: quest’ultima parte perde momentaneamente il beat di batteria, lasciando spazio alla vocalità e alle note del pianoforte.

La linea di batteria riparte però subito, con un ritmo leggermente diverso, ma sempre modulato e regolare, con forza, ma anche con costanza: il nostro cantautore dice che certi incontri avranno sempre un sapore, un gusto che mischia delle bollicine all’acqua di mare, quindi qualcosa di frizzante con qualcosa di salato; questi incontri saranno sempre estremamente stimolanti, proprio perché il loro sapore è un misto di sensazioni diverse, di caratteristiche e caratteri diversi, di percezioni diverse.

Le luci delle candele rimaste accese li faranno brillare e spiccare tra gli altri: le candele accese sono infatti uno dei contorni ideali ad un rito d’amore, insieme al profumo della pelle dell’altro, descritto da Claudio come unico, come appartenente senza ombra di dubbio alla sua lei.

Il racconto prosegue dicendo che certi incontri faranno sempre rumore, e questa affermazione si sostanzia nella linea di pianoforte e di batteria, che ritrovano vigore e sostanza: si parla non a caso di musica a tutto volume, oltreché di passi su e giù per un balcone, pensando se ne vale la pena.

Questa volta però Claudio sembra fidarsi fermamente, pensando che alla fine non saranno guai: lei non deve smettere di splendere mai, e la lettera finale di questo verso viene prolungata per qualche secondo, dando profondità alla lirica e il senso di qualcosa che sembra non debba finire mai.

La canzone si conclude poi con un piccolo assolo finale di pianoforte, che appare accompagnato da quelle che sembrano essere le note di un basso vibrante e dotato di eco, oltreché da alcune note di chitarra, che esegue piccolissimi e brevissimi fraseggi di contorno, per rendere tutto l’insieme ancora più armonico e completo dal punto di vista melodico.

Abbiamo quindi, alla fine, un pezzo molto raffinato, dominato come detto dal rapporto tra voce e pianoforte, con inserti di batteria, basso e chitarra, ben suonato, ben cantato e ben prodotto.

La voce di Claudio mi ha riportato alla mente, e anche in questo caso può sembrare un paragone azzardato, quella di un altro Claudio, cioè Baglioni, perché ha un timbro e una definizione simili.

Mi piace pensare che questo rapporto derivato da un incontro quasi casuale durante un viaggio possa essersi trasformato in qualcosa di duraturo, in qualcosa che non subisca l’usura del tempo, ma che invece faccia in modo che il tempo stesso non finisca mai.

Quello del nostro cantautore è alla fine un bel racconto, appassionato e appassionante, che lascia che la fantasia dell’ascoltatore si liberi da ogni vincolo di sorta, arrivando ad immaginare in che modo possa essere finita la storia.

Devo dire che ho sempre amato un certo genere di musica costituito dall’abbinamento tra pianoforte e voce, perché secondo me è molto evocativo e in questo senso riesce a far vibrare la mente di chi ascolta, prospettandogli paesaggi dalle tinte delicate ma non fragili, tenui ma non deboli, dolci ma resistenti all’usura.

Faccio quindi i miei complimenti a Claudio per aver scritto e composto una canzone non scontata, ma da elogiare perché può rappresentare un unicum nel panorama musicale odierno, nel quale uno strumento come il pianoforte appare a volte piuttosto bistrattato, tranne che in rare eccezioni.

Capita spesso che la vera bellezza risieda nella semplicità, e questa canzone ne è un esempio lampante: con pochi strumenti e con tanto spazio lasciato alla vocalità, riesce ad essere pregna di significati, dando la possibilità all’ascoltatore di immaginare, di pensare e di sognare, facoltà che al giorno d’oggi si stanno progressivamente perdendo.

Credo sia necessario ritrovare il gusto per le cose semplici: in questo modo, le persone saranno maggiormente accoglienti e disponibili l’una verso l’altra, e i rapporti miglioreranno di conseguenza, rendendo il mondo un posto più vivibile e autentico.

Dico quindi grazie a Claudio, proprio per avermi fatto riscoprire il gusto per ciò che è essenziale, almeno per i quattro minuti della sua bella canzone: sono quindi curioso di ascoltare il suo prossimo brano e recensirlo, per capire se proseguirà su questo tono intimistico oppure prenderà altre strade.

Intanto mi congratulo con lui e gli faccio il mio personale in bocca al lupo.

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