Recensioni

Si può fare – Forjay

Una canzone che alterna sapientemente parti parlate e parti cantate, con al di sotto un beat essenziale, che sembra aprirsi un po’ verso il melodico durante il ritornello.

Si parla di sogni, della capacità di sognare anche in un tempo che di sogni ne permette pochi, privandoci della nostra libertà di fare le cose come vogliamo noi.

Il brano si apre con una dedica, rivolta a chi si sente un nessuno, un po’ come l’artista e un po’ come il suo compagno di dialogo all’interno della canzone, che evidentemente non è nato re. La canzone è per quelli che nella vita devono affrontare tante strade in salita e poche in discesa, senza troppe pretese, solo quella di poter sognare, che si sentono come degli estranei rispetto alla vita, sempre in cammino, con la consapevolezza che niente accade per caso, attaccandosi alla vita stessa come dei fiori in un vaso con le loro radici.

Forjay rivolge poi la propria attenzione alla storia d’amore che fa da vero oggetto alla canzone, storia che è partita in un giorno di estate, quando lui, uno dei tanti, dai discorsi fumosi, ha incontrato la sua lei: la relazione si è rivelata essere più un gioco, con l’attrazione di lui per lo sguardo e il cuore sincero di lei. Loro due sono rimasti eterni bambini, a cui piace giocare sull’altalena, anche se adesso i cancelli dei parchi sono chiusi: Forjay immagina di creare castelli di sabbia con le proprie mani, qualcosa che non dura nel tempo, ma che permette di pensare a qualcosa di grande; desidererebbe avere un contatto più ravvicinato con la sua lei, sdraiati sul divano con i cuscini addosso.

C’è poi un dato di fatto, quello cioè che dice che di sogni non si campa, a maggior ragione in questi tempi così incerti, ma questo non impedisce all’artista di volare alto nel cielo, con la testa bassa e i suoi sogni in tasca: questo viaggio ha un biglietto di sola andata, e lui vuole condividerlo con lei.

Si arriva quindi a una parte cantata piuttosto robusta, in cui si dice che la gente non può sapere che i protagonisti del brano respirano un sogno, con gli occhi pieni di lacrime per la situazione in cui si trovano, che comunque non spegne il sorriso sulla loro bocca, con tre semplici parole a spingerli avanti, cioè “si può fare”: questo deve essere vero e reale sempre.

Ecco che poi si ritorna alla parte parlata: nonostante il diluvio che c’è fuori, dentro c’è sempre il sole, anche se con una luce a volte sfuocata che può scomparire. Si ritorna quindi a quello che si diceva poco sopra, cioè che la vita è un viaggio solitario che non ha ritorno, ma solo andata: i ricordi vanno a quel giorno passato davanti ad un gin tonic, in cui il locale chiudeva alle 5, non si sa se di mattina o di sera, viste le regole imposte dalla pandemia.

Si dice di solito che il buongiorno si vede dal mattino, con pianti e sorrisi, ma stando sempre vicini: la vita ci parla in questo modo, costruendo legami e un futuro per le persone, con risultati alterni, facendo salire verso le stelle e poi buttando a terra, con pieghe precise come quelle degli origami.

Forjay precisa poi che non conta se si cade con il sedere per terra o se il punto di vista che si tiene è proprio, maliziosamente, all’altezza del sedere: torna il tema del viaggio, che è speciale, in un verso controverso, perché si dice che anche senza le gambe lei ha fatto volare lui; non si capisce se si parla di una vera e propria menomazione fisica o se si tratta solo di una metafora. Sarebbe interessante chiederlo all’autore.

Riparte poi il ritornello, all’insegna delle tre, fondamentali, parole: “si può fare”, seguito poi da una strofa, in cui si dice che l’obiettivo è l’arrivo, con la promessa di non mollare, sapendo che non si troveranno solo discese, che un incontro di pugilato, come sembra essere la vita, ha tante riprese.

L’invito è quello di rimettersi le scarpe perché è ora di andare: questo è un tema come detto ricorrente all’interno della canzone, con il protagonista del brano che, pur tra mille casini, conosce la destinazione.

Bisogna sempre ricordarsi, comunque, che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, che viene riempito di tutti i sogni che Forjay è in grado di fare.

La canzone si conclude poi ancora con il ritornello, del quale mi ha colpito il fatto che si dice che forse i due protagonisti della nostra storia non avranno tutto, ma hanno ancora i loro sogni.

Ascoltando il brano, sembra che chi esegue la parte parlata sia un’altra persona rispetto a quella che esegue la parte cantata: questo dimostra l’eclettismo e la versatilità del nostro artista, la cui voce può assumere tonalità completamente diverse all’interno di uno stesso brano, lasciando spiazzato l’ascoltatore.

Quello che conta, alla fine, è avere sempre la capacità di sognare, anche se la situazione in cui ci si trova sembra impedirlo: i sogni sono ciò che ci tiene in vita, anche se la vita stessa a volte può buttarci per terra, rendendo difficile reagire.

Del brano, mi pare molto significativo il beat sottostante, molto incisivo quanto asciutto, che sembra aprirsi un po’ nel ritornello, raggiungendo toni più corali e sostenuti, restando comunque un buon sottofondo di accompagnamento alla parte cantata.

Alla fine, ci resta una buona canzone rap, che come detto riesce ad alternare sapientemente parti parlate con parti cantate, mantenendo sempre una certa suggestione verso l’ascoltatore, che viene catturato dal messaggio del brano, giungendo a comprendere cosa significa lottare per i propri sogni, anche in un periodo in cui sembra ci sia poco spazio per sognare.

L’importante è non smettere mai di volare con l’immaginazione, sorvolando dall’alto le salite che la vita ci pone davanti e abbandonando la paura che queste ci possono provocare.

I sogni sono la chiave della vita e non bisogna mai abbandonarli, soprattutto in un periodo in cui sembrano essere una delle cose più difficili da mettere in pratica. Devo ammettere di aver tratto degli insegnamenti importanti da questa buona canzone, che cercherò di mettere in pratica nella mia vita di tutti i giorni.

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