Red Sky si considera un alieno venuto dal futuro, per salvare le anime delle persone più fragili che il mondo sta pian piano distruggendo. Vuole portare queste anime sensibili, da un lato condannate dalla propria stessa sensibilità e da un lato rese preziose e uniche da essa, su un pianeta futuristico, nel quale, come fa un’arte giapponese che riempie di polvere d’oro gli oggetti d’arte e le loro crepe per rimetterli a nuovo e rendere queste crepe un punto di forza perché messe in risalto attraverso la brillantezza dell’oro, vuole riempire le crepe dei cuori affranti, rendendoli di nuovo capaci di amare e di dimostrare forti sentimenti.
La sua musica non può essere classificata sotto un unico genere, perché l’artista prende spunto un po’ da tutti i generi musicali, cogliendone la parte migliore, in un intricato miscuglio che lui chiama “Future Music”, la quale trascende le classificazioni tradizionali.
Tutto ciò rende molto interessante il disco che ci propone, che a mio parere è costituito da momenti, da climax e anticlimax, da frammenti di pathos e attesa e frammenti più rivelatori e diretti.
La prima canzone, “Biografia del cuore – La leggenda dell’Antico Pianeta”, scandisce, su una base musicale che fa pensare alla tradizione orientale, ma anche a quella gitana, con una voce femminile che fa da contraltare con i suoi gemiti invocatori ad una linea melodica essenziale, ridotta all’osso, fatta appunto da frammenti di musica, che vanno e vengono, che appaiono e scompaiono, una serie di date che sembrano raccontare la genesi, le problematiche e la resurrezione di un rapporto amoroso con una donna di nome Esse. Red Sky non fa altro che elencare delle date precise e gli avvenimenti collegati a queste stesse date, che danno corpo e forma ad un rapporto fra due persone, che si trovano, si perdono, e poi si ricongiungono. Mi hanno colpito il fatto che l’artista abbia usato la metafora dell’acqua per sancire l’unione, il legame con la sua anima gemella e la sua affermazione finale, in cui dice di essere partito da solo e di essere ritornato accoppiato sul proprio pianeta, che sembra chiamarsi “Eros/Thanatos”. Questo nome è a mio parere molto significativo, perché mette in gioco l’eterna contrapposizione tra l’istinto carnale e l’istinto di distruzione, che porta alla morte: tutto ciò non fa che riassumere quanto ho detto in precedenza, che cioè le anime sensibili, guidate prevalentemente da un tipo di desiderio legato alla carne, al proprio essere profondamente umane, vengono quasi annullate in questo mondo dal desiderio di autodistruzione, di morte, che non considera la loro purezza come un elemento portatore di ricchezza, ma al contrario le ritiene pericolose, dannose per il principio di cui si fa messaggero.
Red Sky, dunque, dopo varie vicissitudini, ben evidenziate dalle tappe elencate nel corso della canzone, con una voce dai toni concitati che non concede un attimo di respiro, riesce ad unirsi alla sua Esse e a portarla sul proprio pianeta, salvando la sua anima dai pericoli che ogni giorno erano in agguato e la minacciavano. Colpisce il contrasto tra una narrazione che sembra davvero quella di una forma aliena e che porta alla mente una sorta di mappa costituita da coordinate spaziali e temporali, e l’attualità di queste stesse tappe, che presentano una datazione più che mai contemporanea e si concludono nell’anno in corso, proprio il giorno di San Valentino, in cui il nostro alieno e la sua metà possono finalmente festeggiare.
Questa canzone mi ha riportato un po’ alle atmosfere che il grande Franco Battiato, uno dei cantautori italiani più innovativi, sapeva creare all’interno delle proprie canzoni: mi è parso di cogliere un minimalismo sonoro che è stato un punto focale anche della produzione musicale dell’immenso artista, una ricerca continua della disgregazione della forma tradizionale di una canzone, riducendo un’opera musicale ad una vocalità incisiva quanto ridondante, contrapposta ad una linea melodica volutamente frammentata.
Mi ha stupito il respiro affannato che fa da conclusione al brano, quasi che l’elenco di tutte le tappe della vicenda abbia lasciato senza fiato Red Sky: può essere anche una citazione, volontaria o meno, del personaggio di Darth Wader, uno dei protagonisti di Guerre Stellari che si distingueva appunto per i profondi soffi di fiato che emetteva, in un linguaggio particolare.
Anche la seconda canzone, “Finì Prima”, è incentrata su una storia d’amore: a fare da sfondo, questa volta, c’è dapprima una beat elettronico che pare somigliare all’arpeggio di una chitarra, e poi una linea melodica di chitarra elettrica, che esplode in tutta la sua potenza e che con i suoi suoni aggressivi accompagna l’ultima parte del brano.
In questo secondo capitolo del disco, prevale ampiamente il genere rap, hip hop, con il nostro artista che scandisce le parole in rima con un’aggressività mista a una certa dose di affanno e malinconia per quello che avrebbe potuto essere e invece non è stato.
Il rapporto era infatti cominciato con le migliori premesse, tutto sembrava andare bene, fino a quando si è arrivati ad un punto di rottura, in cui il rapporto stesso si trascinava stancamente, vuoi perché durava da più di sette anni, vuoi perché ciascuna delle parti in causa si era stancata dell’altra.
La canzone mi sembra tutta incentrata sul rimpianto, perché Red Sky dice che la relazione è ormai terminata, ma non si dà pace perché crede che avrebbe dovuto fare qualcosa di più per tenere viva la fiamma della passione, invece ha preso l’iniziativa solo una volta, quando ha deciso di troncare i legami con la sua lei.
Ritorna anche in questo caso la metafora dell’acqua, perché anche in questo brano il cantautore dice che il mare è stato l’elemento naturale che li ha uniti, ma che li ha anche fatti affogare.
C’è una parte in cui l’artista ringrazia la sua ex ragazza per tutto quello che gli ha dato, cosa che non fa che aumentare il rimpianto per come avrebbe potuto essere andata.
Particolare, come detto, è lo sviluppo e l’articolazione della canzone, che parte con un pezzo rappato da una seconda voce che sembra filtrata da un megafono, alla quale poi segue la voce dell’artista, che viene prima accompagnata da una base più soft e melodica e in seguito da una base molto più aggressiva, prorompente, a tratti quasi metal, in cui è la chitarra a farla da padrone, arrivando quasi a mettere in secondo piano il testo che alla sua melodia si sovrappone.
La veemenza con cui Red Sky sputa fuori le parole della canzone, come se fosse un drago che emette dalle proprie fauci degli spruzzi di fuoco, mi ha ricordato un po’ il modo di rappare di Fabri Fibra: anche lui, infatti, fa molte volte dell’aggressività la sua matrice stilistica.
Devo ammettere che, quando ho ascoltato la canzone, mi è venuta in mente l’immagine del nostro cantautore inginocchiato davanti alla propria lei, intento a mostrarle tutta la sofferenza che ha generato in lui il fatto di averla lasciata e la possibilità reale di fare di più per mantenere vivo il rapporto.
Il brano sembra fatto apposta per trasmettere un senso di pathos, di attesa rispetto a quello che potrà succedere: procede con rime decise e spedite, con un verso dopo l’altro senza soluzione di continuità, alternando momenti di apparente speranza a momenti di completo fallimento e generando nell’ascoltatore un senso di interesse per quello che potrebbe succedere, perché la situazione appare come estremamente mutevole, fino a che Red Sky dichiara chiuso definitivamente il rapporto, non senza un senso di incompiutezza per quello che avrebbe potuto essere.
La terza canzone del disco, “Esse”, sembra essere interamente dedicata alla figura femminile di cui Red Sky è stato innamorato: infatti, da quanto ho potuto dedurre dai precedenti brani, il titolo è proprio il nome con cui lui la chiama.
Questa dedica viene fatta dall’artista in una modalità molto particolare, cioè senza parlare di persona, ma lasciando parlare gli altri: la canzone si apre con delle dolci e suadenti note di chitarra acustica, a cui si sovrappone una provocante voce femminile che afferma che quella che si sta ascoltando è “Future Music”, sulla falsariga della definizione che ne ha dato Red Sky.
Il brano assume poi maggior vigore, grazie all’entrata di una base di musica elettronica che va a sostituire la chitarra e che si arricchisce di un beat di fondo molto robusto: qui appare la sorpresa per l’ascoltatore, perché si sente echeggiare la voce nientemeno che di Roberto Benigni, il quale, in maniera poetica, descrive la bellezza dell’incontro con la propria lei, dicendo che è come se fosse spuntato nel cielo un secondo sole. Le parole del celebre artista italiano vengono inframmezzate da una parte completamente strumentale, e sembrano filtrate attraverso un megafono con un particolare effetto ad eco, che le fa sembrare come provenienti da un altro pianeta, tanto per restare nella metafora in cui si cala il nostro cantautore. Verso la fine del brano, Benigni dice una cosa molto significativa, che cioè tutto quello che di bello ha fatto artisticamente lo deve alla sua lei, alla sua bellezza, alla sua luce, al suo splendore: questo appare estremamente rilevante, perché l’autore sembra scegliere le parole di Roberto che più si adattano a descrivere la relazione che ha avuto con la sua lei, lodando e ricordando con piacere, ma anche con malinconia, i bei momenti trascorsi insieme e la preziosità del dono che lei gli ha fatto stando con lui.
Mi ha colpito molto questa modalità di forma canzone, perché sinceramente è la prima volta che mi viene fatto ascoltare un brano quasi interamente strumentale, nel quale non è l’autore a cantare o comunque a parlare, ma la forza del messaggio viene interamente affidata ad una figura altra, esterna, che di poetica dell’amore ne capisce moltissimo e che con le sue parole conferisce una nobiltà e una bellezza all’intera canzone, riuscendo nel contempo a sorprendere e a lasciare interdetti, proprio per la particolare modalità con la quale viene proposto il fulcro del messaggio, attraverso una poesia che non conosce tramonto e delle parole estremamente evocative, declamate con una gioia autentica, che scaturisce da un grande cuore.
Anche in questo caso, Red Sky sembra aver assimilato molto bene la lezione di Battiato, che ha fatto come detto della sperimentazione sonora, di scrittura e di cantato una delle sue cifre stilistiche dominanti.
La canzone successiva è di durata molto ampia e molto densa di contenuti: si apre con un arpeggio monocorde di chitarra più pesante di quello del brano precedente e poi diventa più articolata, con delle note di pianoforte che si accompagnano ad un beat e a una melodia di nuovo elettronici, che sanno riempire egregiamente lo spazio lasciato a volte sgombro dalle parole, che comunque riempiono fino all’orlo l’otre della canzone, facendolo a volte traboccare per la complessità e la ricchezza di significati e immagini che promana da ciò che viene detto.
Torna a cantare, o meglio a rappare, la voce di Red Sky, prima molto filtrata, tanto che si fa fatica a capire quello che viene detto, poi lasciata libera di svolgersi nella sua purezza e limpidezza, e poi di nuovo filtrata, con un verso finale che racchiude tutto il significato del brano, declamato con una purezza e una limpidezza disarmanti.
Anche questa canzone parla di Esse, il nome che l’autore ha dato alla sua anima gemella e del fatto che loro due erano fatti per stare insieme, erano anime gemelle anche in una vita precedente, che si scambiavano foto e che lui l’ha amata da subito, ancora prima di incontrarla di persona. Lei è stata una persona speciale per lui, l’unica, a suo dire, che l’abbia riconosciuto quando non era mascherato, quindi dotata di una sensibilità e di un sesto senso molto amplificati e significativi.
Red Sky afferma, in quello che sembra essere il ritornello, che lui, prima di incontrarla, si sentiva come morto, e che poi è tornato a nuova vita: lei è stata la luce che ha illuminato le sue giornate, la stella cometa che lo ha guidato fuori dal baratro, che ha riempito le sue solitudini.
Le parole del testo sono talmente tante e pregne di immagini e significati che sembra impossibile riuscire a dare conto di tutto quello che viene comunicato: quello che mi sento di dire è che il nostro autore parla dell’incontro con la propria lei, a cui a questo punto si può dire che l’intero disco sia dedicato, che ha fermato, come da titolo, “l’universo, il tempo e lo spazio”, creando una situazione di sospensione temporale e spaziale che ha permesso a lui di ritrovare in qualche modo la strada perduta, di dare un nuovo significato a quello che stava vivendo, concentrando tutto il proprio affetto e tutta la propria dedizione su di lei, che si è rivelata essere la fonte di energia spirituale e affettiva di cui aveva bisogno. L’invito che Red Sky fa è quello di non lasciare che questa luce si spenga: lei è stato un fiore spuntato dal cemento, e, mentre aspetta la propria anima gemella, non deve assolutamente fa spegnere la propria stella.
Il brano con cui si conclude l’album, “San Valentino”, richiama un po’ la prima canzone del disco, perché racconta un po’ tutte le vicende amorose che il nostro artista ha affrontato e nelle quali ha dovuto mettere in gioco il proprio essere: mi ha stupito in particolare il verso che dice che, senza donne, non ci sarebbero canzoni. In effetti, questa cosa è piuttosto vera, perché la maggior parte dei più grandi successi della storia della musica ha avuto alla sua origine un sentimento, di affetto o di amore, per una lei, e si è sviluppata sul racconto di queste vicende, come valvola di sfogo per la propria frustrazione o comunque come qualcosa che ha dato senso ad una vita che prima non ce l’aveva.
Lo spazio della canzone è costituito dagli undici anni trascorsi tra il San Valentino del 2011 e quello del 2022: se nel primo il nostro autore era molto triste, perché aveva interrotto una storia d’amore, nel secondo poteva dire di essere felice, perché aveva trovato una persona che lo completava, che riempiva i suoi vuoti con i propri pieni.
Ad ogni donna che ha incontrato nella sua esistenza fino ad ora, Red Sky sembra aver dedicato una canzone: talvolta, arriva a pentirsi di questo, perché ad esempio una di loro si è poi rivelata essere una stronza, un’altra voleva fargli imparare il giapponese, una lingua che per lui era inutile e che è stata all’origine di vari litigi, in cui lui ha rischiato veramente di prenderle.
Da quello che si evince da questa canzone, il cantautore ha trascorso dei momenti veramente felici con quest’ultima ragazza, che presumo sia la nostra Esse, tanto da ripescare dal cilindro un’espressione che aveva caratterizzato il primo brano dell’album, cioè il fatto che il mare li ha sposati, una metafora marina, che mi fa venire in mente qualcosa di estremamente fresco, romantico, qualcosa che è in grado di lavare via tutte le ferite, risanandole.
Si tratta della canzone più incisiva in termini di ritmica del disco, perché parte da subito con un beat di batteria piuttosto aggressivo e, verso la fine, presenta un assolo di chitarra dai connotati quasi heavy metal, piuttosto robusto e consistente. Da quanto ho potuto capire, mi sembra che anche quest’ultima relazione abbia avuto una fine, che, dopo quel San Valentino felice, Esse sia volata via verso altri lidi, perché tutto il disco è intriso e immerso in un senso di malinconia per quanto è stato, per quanto sembrava essere la realizzazione di tutti i desideri del nostro protagonista, la riscoperta di una luce viva e autentica, in grado di illuminare ciò che prima era buio e tristezza.
Viene in quest’ultima canzone ripresa anche un’altra espressione usata nel primo brano del disco, cioè quella che afferma che Red Sky prima era da solo, ma che adesso è accompagnato e quindi si può parlare di due persone, non più di una sola. Nel brano, poi, il nostro autore arriva anche a cantare, cosa che fa per la prima volta in assoluto, visto che nelle precedenti si era espresso con un discorso a parole, ritmato, rappato, ma mai cantato: si può forse pensare che la leggerezza con cui ha potuto vivere l’ultimo San Valentino lo abbia spinto a lasciarsi andare, dimostrando anche di avere una bella voce, molto modulata e modulabile, che sa accarezzare e stuzzicare.
All fine, ci resta un album dalle innumerevoli sfaccettature, dai molteplici significati e dalla grande quantità di immagini: è pregno di parole e senso, e talvolta riesce difficile interpretare quello che viene detto, o solamente capire se la relazione con questa famosa Esse sia davvero terminata o meno.
Il disco mi ha stupito per la varietà di soluzioni adottate da Red Sky: ogni canzone è diversa dalla precedente, a livello sonoro, melodico, ritmico, ma anche di cantato e parlato: vengono toccati, molto spesso in modo fugace, vari generi musicali, in una commistione molto ben riuscita, che non può non destare aspettativa e curiosità su quale potrà essere il passo successivo.
Il nostro artista si dimostra una personalità dotata di grande fantasia e inventiva, che vuole esplorare tutte le dimensioni dell’universo musicale, arrivando a mescolare con efficacia vari stili, generando un risultato finale di estremo interesse e di grande consistenza.
Non nego che, per capire a fondo il messaggio di questo disco, sia necessario ascoltarlo più volte, perché è impossibile intuirne tutte le sfumature al primo ascolto: ognuno potrà fornirne la propria personale interpretazione, dettata dalla sensibilità individuale e dal modo di porsi nei confronti di un sentimento così complesso come si dimostra essere l’amore.
Credo che Red Sky abbia affermato che, nonostante la grande varietà di stili musicali che si possono utilizzare, la musica alla fine sia una: anch’io propendo per questa interpretazione, nel senso che credo nel messaggio unificante di cui si fa portatrice la musica stessa, che sintonizza tutti i cuori sulla stessa frequenza, nonostante la sensibilità unica che ciascuno di noi possiede. Le interpretazioni possono essere tante, ma una sola è la proposta e uno solo è il risultato che si ottiene, mettendo insieme tutto ciò che viene esternato, generato e provocato.
Il significato e il messaggio ultimi che la musica è capace di comunicare sono univoci, riuscendo a condensare tutte le possibili interpretazioni in un unicum dalla grande forza e dal grande impatto: la radice alla base di tutti i possibili significati attribuibili a un brano o a un disco è la stessa, cioè l’amore per quello che si fa e il sentimento, la passione che si provano verso un atto che ha guidato la vita dell’uomo fin dalle sue origini. La musica è uno dei modi più efficaci per comunicare il proprio essere, e Red Sky ci fornisce una testimonianza esemplare di questo potere.