Una canzone dalle sfumature dolci, melodiche, a volte dolenti, che sembra raccontare un malessere interiore vissuto dal protagonista, una storia di sofferenza, dolore, ma anche un viaggio verso il cielo, come se le proprie ferite potessero portare ad una redenzione mistica.
Il titolo del brano mi ha fatto subito pensare al celebre pezzo “Messico e Nuvole”, ripreso anche da Gennaro Palma, ma, fin dalle prime note, si può percepire la differenza di tono fra le due canzoni: significativa a questo proposito l’immagine che ci propone di sé l’autore all’interno del video, in cui appare sdraiato sul pavimento, con una bottiglia presumibilmente di alcol rotta sul pavimento stesso, con il liquido che si sparge per le piastrelle.
Il tutto come se si parlasse di una sconfitta, di un fallimento, di un non averci provato fino in fondo, di qualcosa che è mancato per raggiungere la propria serenità interiore.
La melodia si accoda un po’ al mood del testo, con poche note, con una struttura ridotta all’essenziale, con un pianoforte che fa da delicato e stringato accompagnamento al cantato, senza troppi virtuosismi e senza troppe evoluzioni, mantenendosi all’interno del proprio spazio, senza invasioni di campo, ma limitandosi ad accompagnare soavemente e dolcemente, insieme ad un beat elettronico piuttosto lento e compassato, che contribuisce a creare un’atmosfera sommessa, quasi sottotono: sempre nel video, si vede Patrick che si dibatte all’interno di una stanza, senza apparentemente riuscire a trovare il proprio posto nel mondo, a testimonianza di una forte inquietudine mai sopita.
Il brano è sicuramente di matrice pop, e nelle strofe il nostro cantautore sembra parlarci più che cantare, sembra rivolgere all’ascoltatore un messaggio sussurrato, delicato, arrendevole, quasi rassegnato, che lascia poco spazio alla speranza, ma che appare al contempo come un modo per purificarsi interiormente, esternando le proprie debolezze e sofferenze.
Significativa è anche la copertina del singolo, che ci mostra Patrick immerso in parte in un cielo costellato da nuvole e in parte in una striscia di asfalto, popolata da automobili anonime, in una giornata che sembra volgere al declino.
Il testo è piuttosto vibrante, capace di toccare le corde più profonde dell’animo umano, di esprimere un senso di inadeguatezza che appare momentaneamente non risolto, in via di accettazione un po’ passiva: non si vede una vera e propria reazione in questo senso, ma si scorge più un senso di abbandono alla sorte, un lasciarsi andare al destino, un farsi trascinare dalla forza degli eventi e dalla loro pesantezza, che grava interamente sulle spalle del protagonista e dalla quale lui fa fatica a distaccarsi.
I primi versi non sembrano lasciare adito a dubbi di sorta, parlando di ansia, ossessione, paura e delusione, tutte emozioni che turbano l’animo umano, e che sicuramente non contribuiscono alla sua serenità, anche se successivamente Patrick sembra porre un punto al flusso delle parole, con un “no” deciso, che appare come un rifiuto di tutte queste turbative, a cui segue una spiegazione che ci fa capire che in realtà ciò che è veramente ferito, ciò che è realmente dolente è proprio l’animo del nostro autore, suffragando l’ipotesi che l’elenco delle emozioni che lo hanno messo alla prova aveva lasciato intuire.
L’artista cerca di mascherare tutto dietro ad un sorriso, ma, quasi come in un film horror dalle tinte fosche, questo sorriso nasconde dentro di sé un nido di vermi, quindi qualcosa di inquietante e disgustoso, intriso di inquietudine e concepito da una mente che viaggia senza controllo alcuno e che rappresenta il vero nemico, quando funziona in questo modo.
Sembra comunque poi disvelarsi, nei versi seguenti, un senso di speranza, perché si dice che questo nemico rende forti, fornisce stimoli, non porta alla morte, ma assomiglia tanto ad un fascicolo, nel quale viene descritta a parole l’essenza del protagonista del brano, quasi che si trattasse di un sorvegliato speciale da parte della Polizia.
Attraverso tutto ciò, una persona dovrebbe essere in grado di capire con coerenza chi è veramente, in una modalità che sembra coinvolgerlo pienamente, perché si espande a macchia d’olio all’interno dell’anima, come fa il liquido alcolico sulle piastrelle del pavimento nel video.
Una soluzione applicabile a questo viaggiare senza controllo della mente, a questa espansione dentro la propria persona, sembra essere quella di chiudere metaforicamente le tende della mente stessa, non lasciando entrare più nulla, ma svuotandola da tutto ciò che la contamina, facendo quindi in modo che il nemico si dichiari arreso.
Ma questa resa è solo parziale e non definitiva, perché il nemico stesso sembra poter ritornare più forte di prima, più infame di prima, ferendo a morte nel modo più ignobile e vergognoso possibile, cioè sparando alle tempie, come se si trattasse di un’esecuzione o di un tentativo di suicidio.
Sembra poi partire il ritornello, che assume dei tratti più melodici delle strofe, con un accompagnamento musicale che si fa più armonioso e ritmato: Patrick dice a sé stesso che, se è vero che questo infame nemico non se ne va più via, lui potrà partire per un viaggio, fisico o mentale, costellato dalla presenza dei due elementi che sembrano accompagnarlo e rassicurarlo, cioè una striscia di asfalto sulla quale dirigersi e un cielo costellato di nuvole, che sembrano comunque non portare pioggia, un viaggio però verso la morte, a mio parere metaforica, cioè rivolta alla parte interiore di sé.
In questo percorso, Patrick non ha intenzione di guardarsi indietro, ma tiene lo sguardo fisso in avanti, seguendo la follia del proprio nemico, della propria mente che spazia verso orizzonti senza controllo. Il nostro cantautore sembra essere un po’ rassegnato a questa metaforica morte, perché dice che il mondo sta cadendo a pezzi già da un po’ di tempo, e che quindi il destino non può essere cambiato o modellato.
Questi versi vengono poi ripetuti una seconda volta, quasi a voler ribadire il concetto, per stamparlo come un marchio a fuoco nella mente di chi ascolta.
Si ritorna poi alle strofe, che ci mostrano ancora l’inquietudine che regna sovrana all’interno della persona di Patrick, che si sente senza energie, apatico, con una mente che agisce dall’interno con violenza e va a contaminare anche la parte organica del corpo: lui si sente comunque calmo, flemmatico, in una condizione che si pone all’opposto di quella che dovrebbe essere la dinamicità distintiva di una persona giovane e quindi attiva.
Il nostro cantautore ammette poi che a volte si è sentito un fallito, ma che questa sensazione, invece che abbatterlo definitivamente, gli ha fatto fare un passo molto importante verso l’infinito, permettendogli di staccarsi, anche solo per un momento, dalle preoccupazioni finite del mondo e di liberarsi come in una sorta di catarsi interiore, che gli ha permesso di ricominciare da capo.
Si ricollega poi all’immagine del fallimento quella di non averci provato fino in fondo, che fa sentire sconfitti, che fa traboccare il cuore di conati di sofferenza, perché non percepisce amore dentro di sé, ma solo veleno.
L’interiorità del nostro autore sembra essere chiaramente dominata da una forte e potente tempesta, che è in grado addirittura di sradicare dei pilastri di cemento, come se si trattasse di un uragano.
Si ripresenta poi, a conclusione di tutto, il ritornello, con il nemico che non se ne vuole andare via, con l’amico asfalto e le amiche nuvole, con la morte del cuore: Patrick dimostra, almeno in apparenza, di avere ancora delle residue forze interiori, perché non vuole guardarsi indietro verso quello che è stato, ma lasciarsi trasportare dalla follia, un metodo che forse è l’unico veramente efficace per sconfiggere il nemico, perché il mondo sta cadendo a pezzi già da un po’.
Alla fine, ci resta un brano profondamente pop, dalle sfumature malinconiche, a volte tristi, sicuramente dolenti, che a tratti lascia trasparire una voglia di reagire e ricominciare, anche se il nemico che si deve affrontare è molto forte ed è capace di pugnalare alle spalle quando si crede che sia stato sconfitto, chiudendo metaforicamente le tende della propria mente.
La base melodica è molto soft, assolutamente non invadente, forse perché l’intenzione del cantautore è quella di far predominare il testo, di renderlo estremamente comprensibile e in grado di disvelare pienamente tutte le inquietudini, tutti i dispiaceri, tutte le sofferenze che albergano nel suo animo.
Forse, alla fine di tutto, il vero trucco per non farsi travolgere e abbattere è proprio quello di lasciarsi trasportare dalla follia, senza guardarsi indietro, ma volgendo il proprio sguardo verso ciò che si trova davanti a noi, per trovare le forze per ricominciare, per lasciarsi definitivamente alle spalle tutte le brutture e per aprirsi un varco, per quanto piccolo possa essere, di speranza e di fiducia nell’avvenire.
Pur predominando i toni foschi, qualche spiraglio di speranza si può intravvedere, perché Patrick dice che, pur essendo molto infido e malvagio, il nemico non è in grado di uccidere, pur facendo molto male.
La canzone è intrisa di immagini, che, in quanto tali, possono essere interpretate in modo diverso da persona a persona: ogni interpretazione può avere un proprio substrato di validità, proprio perché personale e individuale.
Ho già detto molte volte che ammiro quegli artisti che riescono a mettere in parole e musica le proprie angosce, le proprie inquietudini e le proprie sofferenze, perché credo che ci voglia una grande dose di coraggio nel farlo, nel mettersi a nudo di fronte agli altri che ascoltano.
Tutto ciò può avere anche una funzione estremamente liberatoria, permettendo di mettere un punto al flusso di una mente che viaggia su binari folli e senza un controllo, ripartendo da capo, da zero, senza guardarsi alle spalle, ma lasciandosi trascinare dal flusso, in modo che esso possa passare attraverso il corpo senza lasciare ferite inguaribili, ma all’opposto curabili e non in grado di togliere la vita.
Sono molto curioso di ascoltare le altre canzoni di Patrick, perché vorrei sapere se questa aura di pessimismo, di fallimento, di inquietudine, è stata superata, portandolo verso una maggiore serenità interiore e ad una mente più sotto controllo, in grado di essere diretta verso ciò che conta veramente, senza essere troppo libera di vagare pazzamente senza una meta e uno scopo.
Come si dice, ai posteri l’ardua sentenza.