Ieri sera ho assistito ad un concerto di tre bravi musicisti e intrattenitori, che hanno cantato e suonato alcune fra le più belle canzoni di Lucio Dalla, intervallandole con aneddoti sulla sia vota e con scenette comiche.
I loro nomi: Carlo Pastori alla fisarmonica, al piano e alla voce, Walter Muto alla chitarra e alla voce e Carlo Gramegna al violino.
L’intesa fra i tre è stata perfetta, con i primi due a fare la parte del leone e il terzo a fare quella della vittima oggetto delle loro bonarie burle: Pastori ha curato le luci di scena, mentre Muto gli arrangiamenti delle canzoni. Abbiamo quindi appreso qualcosa di più della storia personale di Lucio, dai suoi inizi come clarinettista per Edoardo Vianello, alla sua scoperta da parte di Gino Paoli al Cantagiro del 1963, che ha di fatto avviato una splendida carriera nel campo della musica. Lucio si sentiva brutto rispetto ai cantanti bellocci che andavano di moda a quei tempi in Italia, tipo Gianni Morandi, che veniva seguito da frotte di ammiratrici: in effetti non aveva tutti i torti, detto con simpatia. Nonostante questo, è stato in grado di scrivere alcune delle più belle pagine della storia della musica italiana, con testi che, oltre ad essere all’apparenza semplici, nascondevano dei significati ben più profondi, quasi leopardiani.
I tre musicisti hanno fatto un esempio utilizzando la figura di un albero: la gente comune non va oltre all’evidenza della pianta, mentre Dalla era capace di andare oltre, chiedendosi magari cosa aveva fatto crescere un così nell’albero e cosa c’era alla base del suo essere pieno di foglie verdi.
Ci hanno raccontato che Lucio era solito guardare le altre case dalla finestra della propria abitazione, definendo felici quelle in cui la luce era gialla e nelle quali quindi non c’era accesa la televisione, e descrivendo come tristi quelle in cui c’era una luce blu, con la televisione accesa.
Dalla ha amato molte città, in particolare Roma e Bologna: Milano la amava quando la vedeva nel suo specchietto retrovisore tornando nella sua Bologna. I tre strumentisti si sono dimostrati perfettamente all’altezza della situazione, sia dal punto di vista strumentale che canoro: mi ha colpito in particolare l’esecuzione finale di “Caruso”, il cui testo prendeva spunto da una melodia napoletana, canzone suonata in forma di tango, e se non sbaglio modulata in dodici versioni diverse alla fisarmonica.
Lucio amava molto le stelle e i cieli stellati, inserendo appena poteva questi elementi nei testi dei suoi brani: a questo proposito, Carlo Pastori ogni tanto spegneva le luci di scena e apriva un ombrello luminoso, che appariva molto simile ad un cielo pieno di stelle, in un’immagine molto poetica e nostalgica.
Il concerto è durato più di due ore, ma sarebbe potuto continuare per altre due: gli spettatori non si sono assolutamente annoiati, per la bellezza delle interpretazioni e per le vetture si spirito che, insieme agli aneddoti, intervallavano le varie canzoni.
Gli spettatori, poi, sono stati a volte invitati a cantare i ritornelli di alcuni dei brani più famosi di Lucio, e non se la sono cavata affatto male, partecipando anche attraverso un ritmico battito delle mani. Dalla ha anche precorso i tempi, scrivendo dei testi che immaginavano come avrebbe potuto essere il nuovo millennio: in uno di questi, parlava addirittura di città fantasma, con le persone rinchiuse nelle proprie abitazioni con la paura di uscire, predicendo in qualche modo quello che sarebbe stato il lockdown dovuto alla pandemia.
Peccato che tra il pubblico ci fossero veramente pochi giovani, i quali avrebbero potuto raccogliere degli insegnamenti importanti per la propria vita e illuminare la propria mente con concetti, immagini e metafore splendide nella loro lucentezza e vividezza, legate come detto alle stelle, ma anche al mare.
Alla fine, mi è rimasto un bellissimo ricordo dell’esperienza vissuta, e ho ricavato un cd in cui Pastori e Muto reinterpretano alcune canzoni famose della musica italiana, cd che mi sono fatto firmare da entrambi e che mi sono portato a casa come un piccolo trofeo. La struttura di tutti i brani era basata principalmente dagli accordi e dagli arpeggi della chitarra acustica, sui quali si innestavano le linee di fisarmonica, tastiere e violino: il tutto era condito da due ottime voci, quelle di Pastori e Muto, che con la loro limpidezza e forza hanno restituito dignità all’opera di Lucio, dandone delle interpretazioni mirabili e perfettamente a tono.
Mi ha colpito poi un’affermazione sulla quale concordo pienamente: chi non c’è più in realtà è sempre è ancora in mezzo a noi, attraverso quello che ci ha lasciato, nel caso di Dalla bellissime e profonde perle musicali, che non risentono minimamente dell’usura del tempo, ma che anzi risultano essere ancora attualissime. Si può quindi affermare che l’eredità di Dalla sia stata omaggiata nel migliore dei modi, da tre bravi e completi artisti, in grado di tenere la scena molto bene, anche attraverso le loro doti affabulatorie e a volte comiche.
Dal canto mio, ho trascorso una bella serata, apprezzando la musica proposta, le piccole gag offerte dal trio e gli interessanti aneddoti su Dalla: penso che una serata così sia difficile da dimenticare e che vada portata nel proprio cuore e custodita come un tesoro prezioso, in grado di arricchire e di far vedere il mondo sotto una luce diversa.
Dico quindi grazie ai due Carlo e a Walter, che hanno dimostrato che, anche con una sceneggiatura scarna, ma con le giuste luci e la perfetta atmosfera, si può costruire qualcosa di bello e profondo, che sia in grado di restare il più possibile nella mente di chi ha assistito allo spettacolo. Il tutto preso con tanta leggerezza, che non significa superficialità, ma senso dell’ironia e gusto per la battuta: penso che il tutto sarebbe stato profondamente apprezzato da Lucio, che era molto ironico sia su sè stesso che sulla realtà che lo circondava.
Questa serata me la porterò dentro per molto tempo, perché mi ha divertito e arricchito, cosa che è sempre più difficile trovare al giorno d’oggi negli spettacoli musicali che vengono proposti in Italia.