Questo è un periodo favorevole alle ballate, non c’è che dire.
Quella di cui vorrei parlare oggi è legata strettamente ad un mio preciso ricordo dell’adolescenza.
Quando avevo 17/18 anni, infatti, comprai quello che considero ancora oggi come il disco più bello degli Skunk Anansie, cioè “Post Orgasmic Chill”. L’album, che parte con la potenza nera di “Charlie Big Potato”, una canzone a mio modesto parere dalla perfetta orchestrazione dei vari elementi sonori, contiene in sé una perla di rara bellezza, cioè la ballata “You’ll Follow me Down”, in cui Skin, la cantante del gruppo, dimostra di avere una voce estremamente versatile, capace di passare dai toni bassi e gravi delle strofe a quelli più acuti ed intensi del ritornello. Questo è in definitiva l’elemento che apprezzo di più della canzone, che ha anche un video estremamente espressivo, in cui le immagini trasparenti dei vari membri della band sono accostate a persone vere, in carne ed ossa, che a quanto pare non se la stanno passando molto bene. A questo proposito, risulta molto commuovente l’interpretazione della stessa Skin, che sembra voler accarezzare e consolare due giovani che paiono aver perso la strada maestra e si trascinano nella loro vita, con lo sguardo vacuo di chi non riesce a farcela.
A questo punto, entra in gioco il legame che questa splendida canzone ha con la mia adolescenza. La prima volta che ho ascoltato il disco, infatti, è capitata per caso nella mia camera mia madre: sempre per caso, la canzone che il mio stereo stava trasmettendo era proprio “You’ll Follow me Down”. Da quel momento in poi si può dire che è stato amore al primo ascolto: durante le giornate seguenti, anzi, durante i mesi e gli anni seguenti, non si contano i momenti in cui mia madre mi ha chiesto di farle sentire questa canzone. Come faceva quando suonavo i miei pezzi di chitarra classica, si metteva a cantare con grande impegno ed intensità il ritornello, cercando di restare al passo con gli acuti di Skin. Devo ammettere che ho sempre ammirato la passione che ci metteva, e credo che sia stata proprio lei a trasmettermi l’amore per la musica. Credo infatti di aver ricevuto da lei il cromosoma legato a questa passione, che poi ho ampliato ed arricchito sia personalmente che grazie a numerosi amici che la condividevano con me. Mi ricordo come se fosse ieri la scena tipica del nostro ascolto comune del brano: io in piedi vicino allo stereo, lei seduta sulla sedia a sdraio ad intonare le note. Devo ammettere che a volte mi è stato chiesto da mia madre di farla suonare dal mio stereo più volte nell’ambito della stessa serata: questo dimostra una volta di più che se ami visceralmente una canzone, non puoi fare a meno di ascoltarla. La musica è così, ti si attacca alla pelle e non si stacca più: è come una seconda pelle, che fa da schermo protettivo verso le avversità della vita e la confusione che creano attorno a te le persone che non gradisci. Un altro ricordo è legato all’espressione che mia madre aveva quando cantava: il viso le si rasserenava e le si trasfigurava in un’espressione di puro piacere. Io sono convinto che la buona musica, se fatta con il cuore e con l’anima, debba piacere per forza: se non si prova gusto nell’ascoltarla, secondo me è necessario farsi qualche domanda.
Oggi dico quindi grazie agli Skunk Anansie ed alla loro preziosa ballata.