Ascoltando questa canzone, dai ritmi estremamente serrati e dalla durata contenuta, non si può non pensare subito a gruppi pop punk d’oltreoceano, quali i Green Day, i Blink 182 e i Sum 41.
La sintetiticità è quindi la matrice e la linea guida di questo brano, che risulta asciutto, stringato, che va diritto al punto, senza troppi fronzoli e con una preponderanza netta del sound delle chitarre elettriche, che fanno da guida all’ascoltatore e forniscono un buon impatto e la matrice con cui interpretare il significato della canzone stessa.
Ogni rapporto di amicizia, anche il più radicato e forte, può avere una fase di stallo, nella quale una delle due parti in causa inizia a non farsi sentire e vedere più: il nostro Mikimas si immedesima quindi nella parte che chiameremo “offesa”, che chiede chiarimenti attraverso una semplice quanto chiara domanda, “Niente da Dire?”.
Le sonorità delle chitarre non sono certamente hard rock, ma sicuramente più leggere, orecchiabili, lievi, ma comunque intense al punto giusto ed estremamente chiare nel far percepire la dimensione stilistica a cui il pezzo fa riferimento, che è come detto quella del pop punk, quindi di un punk dagli angoli smussati, dalle note più dolci, dagli spigoli arrotondati, che ammicca e strizza l’occhio all’ascoltatore che predilige un ascolto meno ruvido, grezzo e spigoloso, e che ama sentire qualcosa che non vada ad urtare in modo forte la sua sensibilità, le sue percezioni e i suoi punti fermi.
Il testo è piuttosto chiarificatore in questo senso, e va a spiegare l’essenza del problema che si è instaurato fra i due amici, causato da una improvvisa quanto repentina interruzione del rapporto da parte di uno dei due.
Mikimas inizia spiegando che quello che era uno dei suoi amici prediletti se n’è andato via senza un apparente motivo e muovendosi nell’ombra, per non essere notato e scoperto, quasi di nascosto: quello che si trova di fronte il nostro autore è quindi una porta chiusa, quasi sbattuta in faccia, e lui di rimando si chiede perché il suo amico non ha più intenzione di riaprirla.
A questo punto, entra in gioco una sorta di nostalgia, perché il cantautore si mette a contare i giorni in cui lui e il suo amico erano loro stessi, vivevano un rapporto bello perché spontaneo e senza finzioni di sorta: con la forza di un tuono, e non a caso la copertina del singolo raffigura un fulmine che si abbatte sulla terra, l’amico ha distrutto tutto quello che apparteneva a quella che sembrava essere una coppia indistruttibile, inossidabile.
Mikimas si trova quindi all’interno di una sorta di limbo, con un forte senso di sospensione e attesa, nel quale non riesce a trovare un’uscita e una risposta ai propri interrogativi, rimanendo così un po’ interdetto, senza sapere bene cosa fare e come comportarsi.
Parte quindi, in quello che potremmo definire il ritornello, un forte e amichevole invito a rifarsi vivo, per spiegare i motivi e le ragioni alla base dell’allontanamento: il nostro artista vuole farsi sentire e capire bene, quindi richiama con forza l’attenzione dell’amico, dicendogli che sta parlando proprio con lui e chiedendogli se davvero non ha niente da dire.
C’è, insieme a questo richiamo forte, una specie di preghiera, con la quale Mikimas invita il suo amico a non sforzarsi di non parlare mai, perché forse vede che l’altro fa comunque una certa fatica a non farsi più sentire, dati la forza e il radicamento del rapporto che univa i due: il protagonista del brano, alla fine, dice di sapere che il proprio amico è ancora lì vicino, non si è allontanato definitivamente.
Viene successivamente riportata alla luce una metafora che fa riferimento al mondo della natura, perché il nostro artista dice che sta annegando nella pioggia, e tutto questo ci riporta alle immagini del tuono che ha distrutto tutto quello che avevano creato loro due e del fulmine presente in copertina: questo senso di annegamento può essere paragonato ad una sorta di senso di soffocamento, in cui manca l’aria per respirare e in cui i polmoni si riempiono d’acqua, e può mostrare un senso di forte sofferenza, causato dall’apparente rottura di un legame che appariva indissolubile.
A questo senso di annegamento si lega il dolore metaforico che Mikimas prova sulle proprie mani, perché ha continuato a prendere a pugni il muro che il suo amico ha eretto fra loro, cercando di sfondarlo e abbatterlo con tutte le proprie forze.
E’ poi stanco di cercar di capire di chi sia la colpa, perché anche lui si sente profondamente coinvolto in questa improvvisa separazione, arrivando a chiedersi se ha commesso qualche errore.
Riparte poi ancora il ritornello, in cui l’artista chiama a sé l’amico e gli chiede di spiegare cosa sta succedendo: si rivolge senza ombra di dubbio a lui e vuole davvero capire se non ha nulla da dire, ritornando quindi alla domanda che fa da centro focale del brano, da perno attorno al quale ruota tutto quello che è successo.
L’amico non si deve sforzare a non parlare, perché Mikimas capisce che in questo modo lui sembra in qualche maniera “violentarsi”, snaturarsi, perché sa che il legame era saldo e che è difficile da rompere così su due piedi: il protagonista del brano sembra percepire la presenza dell’amico, che sente ancora vicino a sé.
Il nostro cantautore lascia sempre la sua porta aperta, dicendo che, se l’amico vorrà tornare, lo troverà sicuramente lì ad aspettarlo: non vuole che un rapporto così profondo e bello venga compromesso per cause che non è dato sapere con chiarezza.
La pesantezza della scelta e il dovere di decidere ricadono secondo il nostro autore tutte sull’amico: dopo il silenzio, forse, ci potrà essere ancora un’apertura, un riavvicinamento, non si sa quando. Il testo termina con dei significativi punti di sospensione, segno che Mikimas non considera il rapporto come irrimediabilmente compromesso, ma cerca di trovare ancora uno spiraglio per far tornare tutto com’era prima. Non viene messo un punto alla fine, come per dire che non esiste nessuna speranza, ma ci sono come detto dei puntini di sospensione, segno inequivocabile che la storia non è finita qui e che esiste ancora qualche possibilità di ricucire il rapporto e di tornare grandi amici, condividendo di nuovo dei momenti belli e spensierati.
Alla fine, ci resta un buon brano pop punk, dai ritmi piuttosto serrati, guidati dal suono delle chitarre e da una batteria che si erge, veloce e rapida, a supporto della linea melodica e del testo: c’è solo un breve momento in cui sembra esserci un rallentamento, forse per allentare un po’ la tensione creata dalla rapidità delle battute e dalla frequenza delle stesse.
Anche in questo caso, quindi, abbiamo una canzone che parla di vita vera, di vita vissuta, di qualcosa di concreto e tangibile, lontano anni luce da testi che in altri generi fanno riferimento all’immaginario dell’esoterismo e della magia. Qui non c’è nessuna magia, ma solo la voglia di capire i motivi della apparente rottura di un rapporto che appariva molto solido e costruito su salde fondamenta.
Ribadisco che io ho sempre trovato coraggiosa la scelta di esprimere all’interno di un brano sensazioni che fanno parte della vita reale, sensazioni che chiunque può vivere sulla propria pelle, il che crea un profondo collegamento fra l’artista e l’ascoltatore, che può immedesimarsi in quello che sente e diventare il protagonista della storia narrata.
E’ bello e fa piacere sentire qualcuno che parla di cose che possono essere accadute a una qualsiasi persona, perché crea un senso molto profondo di condivisione di sensazioni, sentimenti ed emozioni, che sono il sale della vita e fanno parte della nostra esperienza su questa Terra.
Trovo molto bello il fatto che Mikimas abbia voluto immedesimarsi nella parte lesa del rapporto, segno di una grande sensibilità e di una capacità di capire le ragioni di chi si sente ferito e in credito, e non di chi ferisce e procura quel credito stesso.
La tessitura sonora e compositiva del brano denota comunque una certa vitalità, che sfiora in alcuni punti l’allegria, nonostante l’argomento trattato dalla canzone non sia affatto divertente: questo contrasto contribuisce a rendere ancora più interessante il pezzo, e provoca nell’ascoltatore un senso di straniamento, perché si trova un po’ interdetto, sentendo sulla propria pelle questo contrasto, che lo stimola ulteriormente alla riflessione e al pensiero.
Io ripeto che la storia non mi sembra affatto conclusa, e mi aspetto una nuova puntata di questa vicenda, anche alla luce dei puntini di sospensione con cui si conclude il testo: vediamo se Mikimas renderà concreta questa mia aspettativa, restando sempre un sincero e veritiero cantore delle cose della vita.