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Raskol’nikov – Sara Sciarra

Ascoltando la canzone, ci si rende conto da subito che la sua autrice sa il fatto suo, non ha paura di mostrare la sua capacità linguistica e di scrittura, e che possiede una voce molto particolare, che sa catturare e non lascia più la presa, una voce sicuramente moderna, che si rifà in qualche modo alle cantautrici emerse negli ultimi 20/30 anni nel panorama musicale internazionale, su una base musicale costituita dalla sola chitarra acustica, quindi in qualche modo, se così possiamo dire, “old style”.

Abbiamo quindi questo intrigante e appassionante contrasto tra la modernità del cantato, che mi ha fatto pensare ad artiste quali Amy Winehouse e PJ Harvey, pur possedendo delle tinte più “sofferenti”, più struggenti e malinconiche, e il riferimento al passato, dato dall’accompagnamento della sola chitarra acustica, che porta il pensiero verso cantautrici più anni ’70, quali ad esempio la grande Joni Mitchell.

Quella che potremmo definire come un’unione di contrasti, in definitiva, è l’elemento che suscita il maggior interesse verso il brano, insieme alla notevole capacità descrittiva e introspettiva mostrata nel testo.

La canzone descrive tutte le ansie e i tormenti del personaggio principale dell’opera di Dostoevskij, che si chiama appunto Raskolnikov, ed è dedicata interamente a lui, anche se si possono riconoscere dei collegamenti con la condizione interiore della nostra cantautrice, che in passato ha scritto una canzone nella quale faceva esplodere le proprie paure, in una sorta di catarsi, di liberazione, di purificazione e salvezza dell’anima.

Appaiono dunque rilevanti e ben manifesti gli interessi di Sara, verso la lingua e la letteratura: la si può quasi definire una cantautrice “dotta”, capace di penetrare nei più reconditi anfratti della mente del personaggio del proprio brano, mostrandone le contraddizioni, le incertezze, le paure e il conflitto fra bene e male in essa più che mai presente.

Alla fine, la domanda principale a cui si può ricondurre l’intera canzone potrebbe essere questa: “Qual è il confine tra bene e male? Qual è la linea di demarcazione fra senso di colpa e coscienza immacolata?”

Ricordiamo che il personaggio del celebre romanzo dello scrittore russo, “Delitto e Castigo”, arriva ad uccidere una vecchia usuraia: egli esprime in modo chiaro la concezione di Superuomo, di colui che possiede il libero arbitrio, che lo porta addirittura ad arrivare all’omicidio, ma la cui mente è ossessionata dalla scissione fra bene e male, e quindi tormentata, psicotica, confusa e priva di certezze.

Il testo è completamente in inglese, e questo mi riporta alla mente quanto fatto da una cantautrice come Elisa, che ha iniziato la propria carriera cantando proprio in questa lingua: esemplificativa, in questo senso, è la sua canzone “Labyrinth”. Forse un punto di contatto fra Sara e la stessa Elisa può essere rappresentato dalla voce apparentemente sofferente, tormentata, ma che è in grado di raggiungere delle altezze non indifferenti e di mostrare una potenza che lascia irretito l’ascoltatore.

Se rivolgiamo la nostra attenzione alle parole, vediamo che la nostra artista si rivolge da subito direttamente al proprio protagonista, chiamandolo semplicemente “uomo”. Egli potrebbe anche dire che gli altri amano il dolore e la sofferenza, ma cosa succederebbe se il cuore fosse pieno di “macchie”, quindi immagino di peccati e sensi di colpa? Mi sembra che questa impurità del cuore venga in qualche modo ricollegata al peccato originale di Adamo ed Eva, perché si parla delle origini della “corsa” dell’umanità. Tutto ciò rende inevitabilmente il mondo qualcosa di più complicato da affrontare, ma riecheggia di nuovo il senso di incertezza, perché non si riesce a sapere quanto sia grande il prezzo che resta da pagare.

Si passa poi ad una introspezione ancora più approfondita, perché Sara parla usando dei comparativi, e descrivendo un pensiero che si fa più oscuro, una paura che si fa più luminosa ed evidente, un dolore che diventa più profondo: tutto ciò porta ad una perdita che inevitabilmente si fa anch’essa più grande.

Viene descritta una situazione interiore piuttosto problematica, successiva al delitto commesso: i rimpianti si fanno più consistenti, la solitudine più accentuata, ma il nostro protagonista sembra apparentemente curarsene poco, perché lui rappresenta la già citata figura del Superuomo, che possiede il libero arbitrio e che quindi può fare qualsiasi cosa nella propria vita.

Invece lui non sarà più lo stesso uomo di prima, perché quando ha commesso il delitto pensava di essere nel giusto, arrivando a giustificare l’atto commesso, ma ora il solo pensare ad esso lo rende pazzo: sente il desiderio di scappare, di fuggire, di trovare la pace, ma è troppo tardi.

Lui ha ucciso la vecchia signora, non gli rimane un soldo perché lei era un’usuraia, non ha più una via sicura e diritta da seguire: non valeva proprio la pena di commettere un simile delitto, e ora non gli rimane che un biglietto di sola andata verso i propri tormenti interiori, essendo prigioniero della propria interiorità turbata, nella quale non esiste redenzione.

Il protagonista si trova quindi come sul ciglio di un burrone, non sapendo più distinguere il luogo in cui si trova, facendo molta fatica a prendere decisioni, a capire se sono giuste o sbagliate: chi lo può dire? Forse, rifugiandosi nella fede in Dio, potrà capire quale sarà la strada da prendere, ma comunque resta il fatto che non è difficile ricadere negli stessi tormenti, commettere ancora qualcosa di sbagliato, che genera frustrazione e pentimento. E’ necessario avere qualcuno che suggerisca quale sia la decisione corretta da prendere.

Ritorna poi la parte costituita dai comparativi di maggioranza, con il pensiero che si fa più oscuro, la paura più chiara e luminosa, il dolore più profondo, la perdita più grande.

I rimpianti si fanno sempre più numerosi, la solitudine più pressante, ma lui può avere la possibilità di non curarsene, proprio perchè può identificarsi con il Superuomo.

Sara sottolinea ancora con forza anche il fatto che lui non sarà più lo stesso, che pensava di agire in modo corretto, cercando così di giustificare il proprio crimine, ma ora tutto questo lo sta rendendo pazzo: vorrebbe fuggire via, trovare la pace interiore, ma ormai è troppo tardi, lui ha ucciso l’anziana signora, senza avere in cambio nemmeno un penny e senza conoscere la strada giusta da percorrere. Non ne è valsa la pena, ma lui ci è cascato dentro in pieno.

Quest’ultima parte viene ripetuta a conclusione della canzone, che ritengo un ottimo brano acustico, molto introspettivo e quasi psicanalitico, in cui risalta la caratteristica voce di Sara, molto particolare, a tratti sofferente, a tratti struggente, sicuramente molto toccante e in grado di colpire nel profondo, con un deciso atto d’accusa al protagonista della sua canzone.

Penso che nel nostro Paese abbiamo molto bisogno di questo tipo di artiste, che abbinano alle capacità vocali una grande vocazione per la scrittura e per l’approfondimento di alcune tematiche che riguardano la personalità e l’interiorità degli esseri umani.

Sara è una cantautrice sicuramente intelligente, che non ha paura di mostrare le proprie conoscenze e le proprie capacità, anche se per farlo può arrivare a precludersi una fetta di pubblico e di ascoltatori: mi sono reso conto che per lei la cosa più importante è comunicare il proprio messaggio, fatto di introspezione, analiticità, accusa e condanna del senso di colpa.

Lei si pone delle domande, a cui cerca di dare una risposta attraverso il racconto di una vicenda letteraria che l’ha colpita nel profondo: qual è il confine tra bene e male, tra giusto e sbagliato? C’è possibilità di redenzione nella fede per chi ha commesso un atto criminoso?

Risulta evidente che secondo lei i margini per una redenzione del protagonista sono molto risicati, limitati, e che il suo conflitto interiore difficilmente avrà una soluzione.

Questo brano mostra secondo me un altro dei poteri della musica, quello cioè di raccontare la vita, nei suoi momenti belli, ma soprattutto nelle sue difficoltà, di dipingere dei ritratti di alcune personalità particolari, analizzandone le azioni e i comportamenti, e ragionando al contempo sulle possibilità che queste stesse personalità hanno di trovare una redenzione, una salvezza, un senso di pace.

Ammiro una cantautrice come Sara, per il suo coraggio, le sue capacità analitiche e la sua forza di raccontare quello che di solito non viene raccontato in una canzone. Oltre a tutto questo, non dimentico la sua grande abilità nel suonare la chitarra acustica, cosa che secondo me la rende un’artista completa, che farà molta strada nel panorama musicale odierno, proprio perché la sua proposta si discosta da ciò che viene propinato di solito, andando a scavare nel profondo e non limitandosi alla superficie. Complimenti e avanti così.

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