Una canzone veloce, rapida, dallo sprint eccezionale, che non lascia un attimo di respiro: potremmo quasi definirlo un brano pop punk, dalle atmosfere simili a quelle presenti nelle canzoni di gruppi quali Blink 182 e Green Day.
Mikimas ci descrive il suo sabato sera, in un tripudio di chitarre veloci e percussioni martellanti, con una voce giovane, fresca e vivace.
La copertina del singolo fa un po’ “Saturday Night Fever”, con un titolo che sembra un’insegna al neon, circondato da lucine brillanti, quasi che fosse collocato sopra una pista da ballo, per stupire le persone intenzionate a ballare.
Anche la durata stessa del brano, inferiore ai tre minuti, fa pensare che lui e il suo gruppo abbiano ascoltato anche un po’ di Ramones.
Cosa ci comunica il nostro cantautore attraverso le parole? Ci parla di serate divertenti, a cui non ha assolutamente intenzione di rinunciare e che danno un senso di onnipotenza, quasi che siano il preludio alla conquista di un regno, di uno scettro e di una corona, che nessuno può togliere e che pone lui e il suo gruppo di amici al di sopra di tutti gli altri, come se si trattasse di una battaglia per il raggiungimento di una posizione predominante, che consente di essere considerati da tutti dei veri “fighi”.
Quando comunque l’ora si fa tarda, il nostro autore è pronto a salutare la compagnia: sente di avere un faro dentro di sé, che illumina il centro della festa, e non gli importa il modo in cui si svolge la serata, se si fa “before” (quindi penso con un aperitivo) o “after” (quindi restando insieme tutta la notte fino all’alba).
Evidentemente c’è qualcuno a cui interessa molto la sua salute, a cui importa se si stia divertendo veramente o meno: lui risponde in modo vago, con un “come vuoi che sia” che sa di risposta a una domanda retorica, data per tagliare corto e andare subito al sodo.
Mikimas è focalizzato sul “qui e ora”, perché chiede a quella che sembra essere la sua compagna di serata cosa vuole fare e se le va di giocare, di lasciarsi trasportare dall’euforia della serata e stare, appunto, al gioco. Sembra che il suo pensiero fisso, anche nel bel mezzo di una sabato di divertimento, sia la musica, perché la invita a scrivere una canzone, magari dedicata proprio all’esperienza che stanno vivendo il quel preciso istante: non importa se questo brano sarà bello o brutto, quello che conta veramente è che quello che stanno trascorrendo sia “il suo sabato”, perché si sente protagonista, al centro dell’attenzione di tutti, oppure perché si tratta della sua serata ideale.
Questa prima parte di canzone si conclude con una serie di accordi di chitarra elettrica molto ammiccanti, che sembrano segnare uno stacco con quanto verrà dopo. La voce di Mikimas sembra essere filtrata attraverso un megafono, perché possiede un eco e un riverbero che la rendono qualcosa che sembra venire da lontano, da un’altra dimensione: a questo proposito, torna la metafora bellica, dato che, dopo la conquista del regno, si parla di ragazzi che si fanno guerra e che battagliano fra di loro attraverso le emozioni che provano, come se si trattasse di una gara a chi si diverte di più, a chi riesce a conquistare il trono, il palcoscenico più importante, ergendosi al di sopra di tutti.
Ed infatti, il verso che fa da seguito non fa che confermare quanto detto, visto che il cantante dice di lasciare il proprio posto per mettersi sul suo trono: questo mi ricorda ancora il film “Saturday Night Fever”, nel quale, ad un certo punto della serata, John Travolta abbandonava la propria sedia, il proprio tavolo e i propri amici, per andare a conquistare la pista da ballo, con le sue movenze sinuose e sensuali.
Il protagonista della canzone sembra essere talmente concentrato sulla serata e sulla battaglia che sta metaforicamente combattendo da arrivare a sentire una voce che gli parla e che non fa sentire soli lui e la sua compagna, pur trovandosi in mezzo ad un mucchio di persone. A questo punto del brano, Mikimas sembra entrare in un delirio di onnipotenza, perché affianca fra loro alcune immagini apparentemente senza un preciso significato, che sembrano provenire da un sogno, che appaiono slegate fra loro: qualcuno vicino a lui è il solo in grado di vedere con i propri occhi la luce che emana il nostro cantante e si è fermato in tempo, forse per non restare abbagliato da chi ha conquistato il centro della scena e si è trasformato in una creatura ultraterrena, circondata da un’aura di luminosità, che quasi nessuno è in grado di vedere, se si lascia guidare dalla normalità delle cose, dalla quale è necessario uscire.
La situazione appare qualcosa di irreale e immaginifico, al punto che nemmeno chi la vive in modo più profondo, cioè il protagonista del brano, sa dare una spiegazione certa di ciò che sta accadendo.
Dopo questo salto nel buio, illuminato solo dalla luce che promana dal nostro cantautore, riparte il ritornello, in cui lui si rivolge di nuovo alla propria compagna, chiedendole ancora cosa ha voglia di fare in quel preciso istante e se le va di giocare: si ripete l’invito a scrivere insieme una canzone, che può essere bella o può essere brutta, ma questo non importa, perché tutto quello che succede e che viene vissuto dai nostri due ragazzi rappresenta il sabato sera di Mikimas, che viene raccontato attraverso immagini e metafore, che a volte sono di difficile interpretazione e appaiono fuori contesto, mi viene da dire perché il nostro cantautore si lascia trasportare completamente dalla propria immaginazione, arrivando ad emanare un’aura splendente che solo una persona può vedere, raggiungendo il proprio trono, dopo aver battagliato con le armi dell’emozione e ritrovandosi in una situazione che ad un certo punto nemmeno lui è più in grado di spiegare.
A questo punto, emerge un ricordo, che sembra aver provocato un dispiacere molto grande al nostro protagonista, nonostante la sua lei dica che i ricordi sono belli, un dispiacere che lo ha fatto star male e che lo fa ancora stare male, al punto che arriva a ripetere di non capire più nulla.
Non è dato sapere di che ricordo si tratti, e tutto ciò rende ancora più intrigante la canzone, perché crea un’atmosfera di aspettativa, dà voce a qualcosa che non ha una spiegazione chiara e appare avvolto nel mistero: ogni ascoltatore può interpretare tutto questo secondo la propria sensibilità e immaginazione, vedendoci ciò che la propria mente gli fa balenare negli occhi.
Nonostante le ferite che i ricordi gli hanno provocato e continuano a provocargli, nonostante sia arrivato a sentirsi male e incapace di interpretare razionalmente ciò che stava succedendo intorno a lui, Mikimas sembra quasi augurarsi che tutto ciò che ha raccontato nel proprio brano, questo senso di onnipotenza misto ad arrendevolezza e impotenza, possa ripetersi in un futuro prossimo.
Questa affermazione mi fa pensare che il sabato sera sia per l’autore una fonte di “sballo”, qualcosa di talmente forte da diventare capace di cancellare per un attimo tutte le sue certezze, tutte le sue capacità cognitive, sviluppando al contempo la sua potenza immaginativa e la sua aura di onnipotenza: è curioso questo contrasto fra una sensazione che fa sentire bene, che fa sentire i re della serata, e una sensazione di completa confusione, che non consente di vedere bene le cose come stanno, dando libero sfogo alla capacità della mente di creare immagini e di interpretare la realtà secondo metafore, che ognuno è libero di interpretare e decifrare come meglio crede.
La canzone si conclude con il ritornello, che viene ripetuto due volte, la seconda in modo più accelerato, con le percussioni che si fanno più serrate, più martellanti, creando una base ritmica ideale per la ripetizione insistente delle domande che il nostro cantautore rivolge alla propria ragazza, forse perché lui non riesce bene a capire cosa stia succedendo e si appella a lei, chiedendole cosa vuole fare e se ha intenzione di giocare, quasi per trovare delle sicurezze, all’interno di quello che appare dapprima un delirio di onnipotenza, ma che poi si dimostra qualcosa di troppo grande e potente per essere interpretato e spiegato con le sole facoltà intellettive.
La conclusione del brano viene preceduta da alcuni secondi di sospensione, in cui sia la chitarra che la batteria cessano di suonare, per lasciare spazio a ciò che l’autore trae da tutto quello che ha vissuto e raccontato: si parla del suo sabato sera, nessuno glielo può togliere, nessuno può privarlo dell’emozione di vivere qualcosa che fa sentire al contempo estremamente forti perché al centro dell’attenzione e estremamente deboli perché si arriva ad oltrepassare il limite, senza più capire cosa stia realmente succedendo.
Alla fine, come accennato all’inizio, ci resta un buon brano, che per l’impatto che possiede a livello di ritmica e velocità può essere accostato al genere pop punk: Mikimas sembra aver imparato bene la lezione dei gruppi che hanno fatto la storia di questo genere e di averli ascoltati molto.
Ascoltando la canzone, mi sono immaginato un gruppo di amici che si ritrovano in un garage e iniziano a suonare e cantare con tutta l’energia che hanno in corpo, parlando di un argomento che costituisce uno dei capisaldi della loro vita, cioè la serata del sabato.
Le canzoni, secondo me, spesso non fanno altro che raccontare la vita di tutti i giorni, con le proprie vicissitudini e difficoltà e le proprie gioie, e questo è proprio quello che fa Mikimas, che lascia andare a briglie sciolte la propria fantasia e immaginazione, creando immagini da interpretare e di cui solo lui conosce il vero significato.