Il titolo della canzone sembra fatto apposta per dare speranza, per far credere in un futuro migliore, per lasciare che il presente scorra via veloce, proiettandosi già verso quello che potrà esserci di positivo.
Eppure, leggendo il testo delle strofe, questa speranza sembra non emergere: la voce di Pietro Milani, che personalmente mi ha ricordato un po’ quella di Giulino Sangiorgi dei Negramaro, per la sua ruvidezza e per lo struggimento che riesce a comunicare, accompagnata da una linea di chitarra pastosa, chiara e limpida, che sembra uscire dritta dalle corde di John Frusciante dei Red Hot Chili Peppers, comunica delle sensazioni che in un primo momento fanno presagire a una sorta di resa.
Egli dice infatti, probabilmente alla propria amata, di lasciare che la speranza e l’illusione che albergano nel suo animo vadano lentamente spegnendosi, perché sembra non esserci più futuro e non ci sono motivi per i quali qualcosa possa ancora cambiare.
Però poi parte il ritornello, in cui la linea melodica si fa più ariosa, più aperta, più corale, con l’inserimento di altri strumenti a completamento della chitarra: mi sembra di percepire, ad esempio, dei suoni di strumenti ad arco. Nel ritornello tutto sembra ribaltarsi, perché la speranza c’è eccome, dato che si parla di qualcosa che rinascerà, quasi come l’Araba Fenice, dalle proprie ceneri: quello che bisogna fare è aspettare, il tempo lo deve consentire.
Il cantante sembra voler infondere fiducia alla persona che gli sta accanto, dicendogli che vedrà un sentimento rinato a nuova vita, il quale possiederà più forza e sarà in grado di distruggere, di far sparire tutto quanto c’è stato di negativo in precedenza.
Dopo un ritornello improntato alla speranza, fa di nuovo da contraltare una strofa che non lascia spazio alla bellezza dell’amore, con la quale si invita la propria amata a non intervenire, permettendo che il sentimento che la lega al proprio uomo si spenga lentamente, perché non sembra esserci più passione, non sembra esserci più un fuoco che arde dentro al cuore, che non viene più alimentato e tenuto vivo.
Tutta questa apparente negatività si scioglie ancora nel ritornello, che è sempre improntato ad una grande speranza: il sentimento, dopo essere passato attraverso mille difficoltà e mille ostacoli, rinascerà, diventerà più potente, riprenderà corpo e vitalità. La chiave sembra essere sempre il tempo: è necessario saper aspettare perché queste belle cose si realizzino compiutamente.
Poi segue una strofa più breve delle precedenti, una strofa che parla di una apparente incapacità di comunicare, perché la donna deve lasciare che le parole del suo uomo muoiano lentamente: lui sembra non avere più fiato per urlare quello che ha ancora da dire.
Ma ecco, per la terza volta, riapparire il ritornello a portare la luce, sempre con le medesime parole, che invitano a saper aspettare, ad aprirsi alla vita, a esprimere e infondere una nuova forza.
Devo dire che mi ha molto incuriosito questa alternanza tra pessimismo e speranza, che fa da centro focale alla canzone: sembra quasi che siano due persone diverse a parlare, due persone con due visioni del mondo completamente differenti. Il senso che ho trovato in tutto questo è che l’autore vuole comunicare che è arrivato il momento di lasciare che tutto l’amore e il sentimento che si provano ora si spengano e muoiano, perché dalle loro ceneri, con il passare del tempo e la pazienza, potrà riemergere qualcosa di completamente nuovo, rinvigorito, rafforzato e in grado di lasciarsi alle spalle tutti i pensieri negativi.
La prima parte della canzone infonde una certa malinconia nell’ascoltatore, ma è anche delicata, dall’atmosfera soffusa, velata. Basta poi una rullata di batteria per introdurre una nuova parte, nella quale sono protagoniste proprio le percussioni, che contribuiscono a conferire maggiore ritmo al brano, pur non andando ad alterarne l’atmosfera complessiva: la canzone appare una ballata piuttosto romantica, che prende via via energia mano a mano che si sviluppa, partendo con un delicato, ma anche chiaro e deciso, arpeggio di chitarra, per poi andare ad arricchirsi con nuovi strumenti, che le consentono di aprirsi e diventare più ariosa, come se qualcuno avesse all’improvviso spalancato una finestra per far entrare l’aria. Questa progressione crea interesse nell’ascoltatore, intanto che lo culla in un’atmosfera sognante, quasi onirica, con un messaggio chiaro: anche da ciò che sembra completamente fallito, morto, senza vita, può rinascere la speranza, è sufficiente avere la capacità di aspettare il momento propizio.
Oltre alla chitarra, io ho sentito i già citati strumenti ad arco e probabilmente anche un accenno di pianoforte, oltre alle percussioni.
Mi ha poi colpito anche l’immagine utilizzata per la copertina del singolo, cioè un campo di girasoli, come se si volesse sottolineare che, nonostante tutte le difficoltà, nonostante tutte le incertezze, se ci si rivolge e ci si orienta sempre verso la luce del sole, la propria vita prenderà di nuovo anima e corpo, si riempirà di sentimento e verrà irradiata da una luminosità prorompente, che manderà in cenere tutte le negatività e darà nuova linfa vitale a delle sensazioni e a delle emozioni che sembravano essersi spente del tutto.
Alla fine ci resta una buona ballata pop rock, cantata nel modo giusto, forse in modo fin troppo uniforme, senza particolari cambi di stile, ma solo con dei cambi di tono e di potenza vocale, per sottolineare le parti in cui la speranza è maggiore.
La voce di Pietro mi è sembrata piuttosto adatta a cantare un brano con queste caratteristiche, perché possiede come detto quel tocco di ruvidezza, sabbiosità e malinconia che le consentono di adattarsi a una canzone che parla di amore quasi in modo contraddittorio, alternando sconforto a speranza, disillusione a nuovo vigore.
L’atmosfera generale, come detto, è piuttosto delicata, armoniosa: non si vanno a disturbare le orecchie dell’ascoltatore con una potenza sonora devastante, ma ci si mantiene su un livello di malinconica calma, ravvivato solamente un po’ dall’ingresso delle percussioni.
Credo che una voce come quella dell’autore sia in grado di cantare anche brani dal ritmo più vivace e dalle sonorità più potenti, perché ha in sé le potenzialità per esprimere grinta e determinazione, potenzialità che dimostra parzialmente nella canzone descritta in questa recensione.
Sono curioso di ascoltare i prossimi brani di Pietro, per vedere se proseguirà su questa linea dolce ed eterea, oppure se inasprirà un po’ i toni e metterà su muscoli, raggiungendo una forza e un vigore maggiori e più evidenti.
Come dice la canzone, è necessario aspettare: il tempo ci dirà tutto, il tempo è la chiave di tutto.