Parliamo di un vero e proprio inno alla rivoluzione psichedelica, attuato attraverso una commistione incredibile di generi e stili musicali diversi, all’insegna della più profonda sperimentazione. Divenne uno dei dischi più celebri della storia, anche grazie alla sua straordinaria copertina, un colpo di genio in stile pop art, che rappresentava, oltre alla band in primo piano, una miriade di importanti personalità sul piano culturale e del mondo dello spettacolo. Si dice che l’album nacque dall’ispirazione che i quattro di Liverpool trassero dall’uscita di “Pet Sounds” dei Beach Boys, pubblicato un anno prima. Si dice anche che tra i due gruppi ci fu un vicendevole scambio di idee, che portò alla nascita di due capolavori, che rivoluzionarono il modo di fare musica nella seconda metà degli anni ’60, con un’eccezionale ventata di novità, che spazzò via in un sol colpo tutti i canoni su cui si era basata l’espressività musicale fino a quei tempi. Fino a quel momento, nessuno aveva mai pensato di inserire in un’unica opera creativa la musica classica, il pop, la musica tradizionale indiana, il cantautorato colto e le influenze sperimentali avant-garde: parlando di questo disco, si può legittimamente parlare di avanguardia musicale, condita da una perfetta orchestrazione degli elementi ed un profondo e raffinato gusto per tutto ciò che non era convenzionale. Nonostante questa ampia dose di innovazione, il disco vendette undici milioni di copie negli Stati Uniti e trentadue milioni di copie in tutto il mondo, riscuotendo un incredibile successo commerciale e ricevendo quattro Grammy Awards nel 1967. L’idea principale era quella di creare un album unitario, un vero e proprio concept album, in cui si immaginava che le canzoni potessero essere legate fra loro ed essere suonate dall’immaginaria banda di ottoni di epoca vittoriana, guidata appunto dal Sergente Pepper. Il nome complesso del disco fu suggerito ai Fab Four dai gruppi californiani di quel periodo, che si nascondevano dietro a dei nomi astrusi, per esplorare delle strade innovative, sia in senso compositivo che melodico. Si trattava di uno di quegli album che ad ogni nuovo ascolto rivelavano una nuova sfumatura di significato, che non era stata colta nell’ascolto precedente, talmente era ampia la varietà di contaminazioni presente in esso. Si trattava di una musica che, oltre a colpire il cuore, richiedeva un elaborato e complesso lavoro mentale, per essere compresa a fondo nel suo significato. Era praticamente impossibile arrivare a carpire anche solo superficialmente la complessità intrinseca del disco dopo un solo ascolto. Questa era la reale bellezza dell’album, che nessuno poteva negare o mettere in dubbio. Esattamente 54 anni fa i Beatles pubblicavano in Gran Bretagna “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band”, loro ottavo album in studio, prodotto dal genio di George Martin.