Stasera vorrei parlare di una piccola, grande meraviglia, un’artista la cui anima trasuda genialità, spavalderia e meraviglia.
Tal Wilkenfeld ha poco più di 30 anni ed ha già vissuto artisticamente almeno tre vite normali. La parola “prodigio” in questo caso calza a pennello per una ragazza che, ancora adolescente, si è rivelata in tutta la sua luminosità nei jazz club di New York, città in cui si era trasferita dall’Australia.
La sua apparizione è stata un balsamo per mondo della musica, perché ha portato una ventata di freschezza, un’aria nuova e brillante che ha contagiato tutti.
Quella vecchia volpe di Jeff Beck se n’è accorto subito e non si è lasciato scappare l’occasione, ingaggiandola come membro della propria band di supporto.
Tutto ciò mi ha dato l’opportunità di conoscerla, dato che sono un grande fan di questo immenso chitarrista e molto spesso trascorro intere serate a guardarne i video.
Inutile dire che sono rimasto folgorato: la sfrontata ragazzina non solo non sfigurava di fronte a cotanta abilità ed esperienza, ma riusciva a ritagliarsi degli spazi in cui poter mostrare a pieno il suo assoluto valore.
Non è raro infatti che, durante le esibizioni ed i concerti, Beck le conceda degli assoli, al termine dei quali egli si illumina di felicità, molto probabilmente perché vede che il futuro della musica non è in pericolo, se risiede anche nelle piccole ed agili mani di questo portento.
Ovviamente, la collaborazione con Beck è solo uno dei già numerosi tasselli che compongono il ricco mosaico della carriera di Tal: abbiamo un disco interamente strumentale all’attivo, una band di cui è leader ed altri immensi musicisti che hanno voluto godere della lucentezza di questo gioiello (Herbie Hancoch, Chick Corea ed Eric Clapton possono bastare?).
Dal canto mio, qualcosa mi ha sempre portato a pensare che il celebre proverbio “nella botte piccola c’è il vino buono” trovasse una particolare sublimazione e realizzazione nel mondo della musica.
Spesso lo traduco in una semplice equazione, “piccolo corpo = grande anima”, che a mio parere rende ancor meglio il concetto.
Potrei citare molteplici esempi di questo semplice postulato: Ronnie James Dio, Randy Rhoads, Tina Turner sono solo i primi che mi vengono in mente, forse quelli maggiormente significativi per me.
Tal Wilkenfeld non fa eccezione e dimostra che se si ha personalità e passione, oltre alla capacità di coltivare il proprio talento, si può splendere al di sopra di tutti gli altri anche se si è fisicamente più piccoli, anche se si ha meno forza.
Si tratta di un grosso stimolo per tutti: ognuno può rendere la propria vita qualcosa di unico ed eccezionale. Tante volte, il cuore raggiunge delle vette che risultano impossibili al corpo, per quanto forte ed allenato possa essere.
Certo, alla base di tutto ci deve essere il talento, ma il talento da solo non basta.
Quelle piccole dita che si muovono agili e precise sulla tastiera del basso hanno alle spalle tanta dedizione, tanto spirito di sacrificio e credo anche una grossa dose di sfrontatezza, che non significa mancanza di rispetto, ma capacità di farsi valere per quello che si è veramente.
Come diceva un certo Jimmy Page e come ripeto tante volte nelle pagine di questo mio blog, voglio occuparmi più di emozioni che di tecnica: in questo particolare caso, abbiamo una sovrabbondanza sia delle prime che della seconda.
Sono convinto che si tratti di un circuito virtuoso, che si autoalimenta: la tecnica genera emozioni e le emozioni si nutrono anche di tecnica.
Se vogliamo, possiamo essere davvero fortunati e godere di entrambe le cose in una volta sola.