Fin dal primo ascolto, la canzone di Jo Brown mi è sembrata un inno alla speranza e alla libertà, come del resto afferma il titolo.
A livello sonoro, prevale l’utilizzo dell’elettronica, con un sound che strizza l’occhio al synth-pop, con qualche spruzzata di R’n’B: anche la voce appare filtrata attraverso un canale elettronico, perché dà proprio la sensazione di essere sintetica, artificiale, artefatta: nonostante questo, l’intonazione e il timbro sono buoni e danno un’impressione di freschezza e genuinità.
L’intento del brano è evidentemente quello di dare speranza, nel presente, ma soprattutto nel futuro, rivolgendosi alle nuove generazioni, che in tempi così difficili hanno il diritto di pensare che alla fine tutto andrà per il meglio.
Devo ammettere che mi sono piaciuti i versi della canzone: mi sono sembrati molto poetici e in grado di creare immagini evocative e riportare tutto alle cose semplici; l’incipit del brano appare quasi come un poema epico, perché l’autore dice che vorrebbe dormire tra afa e tempesta e scivolare lungo il cuore come fosse una carezza, aggiungendo che avrebbe voglia di partire e tornare per dire di aver trovato isole piene di fate. Tutto ciò, se si chiudono gli occhi e ci si rilassa, può portare a sognare cose luminose e splendenti, illuminando la propria visione del mondo. Questa dimensione onirica viene ripresa dai versi successivi, nei quali Jo Brown afferma di voler cancellare il male per fare la differenza fra sogno e violenza: ogni persona è chiamata a vedere nel mondo qualcosa in cui poter sognare liberamente, senza che il male interferisca e generi violenza.
Nel ritornello, l’artista comincia a celebrare e mettere in evidenza il valore delle cose semplici: si è liberi di sognare, come si diceva prima, se si è capaci di fare il primo passo, per poi poter correre domani, se si impara a coltivare il bene, per riuscire poi a fiorire, come la speranza in un mondo migliore, libero da ogni male.
La poeticità dei versi delle strofe prosegue ancora, con l’autore che continua nell’elenco delle cose che vorrebbe fare, sempre mantenendo il potere evocativo di ciò che dice: Jo Brown vorrebbe fuggire dal suo pianto e dal gelo, per afferrare il sole nel cielo e inviare segnali e impulsi positivi alle altre persone, illuminando i cuori come se fosse una certezza in mezzo al dubbio generato dalla situazione in cui ci si è trovati, donando luce a chi per questo motivo non ha pace. L’autore si rivolge poi direttamente ad una terza persona, che può essere un suo amico o un suo familiare, invitandolo a non cadere più nell’incubo della depressione perché si sente incompreso, in un mondo che a volte sembra non voler dare ascolto alle nuove generazioni, soprattutto nelle sue posizioni di potere.
Nella parte conclusiva della canzone, si rivela per l’ennesima volta il gusto per la poesia che possiede l’autore, perché utilizza due volte la cosiddetta figura retorica dell’ossimoro, che mette in relazione due parole dal significato opposto: tutto ciò viene fatto ancora nell’ambito del dialogo con la terza persona, affermando che quest’ultima è il buio chiaro, il suono nel silenzio, quindi qualcosa che, nonostante le circostanze, riesce a portare luce e rompere il silenzio, perché sembra aver trovato l’equilibrio, insieme alla libertà, data dal gusto per le cose semplici.
Jo Brown conclude il proprio pezzo con un’affermazione che non ammette contraddittorio, dicendo che si è liberi soltanto se lo si desidera e quando si ha la forza di dire no: non è chiaro l’oggetto della negazione, ma io penso che l’artista parli delle attrattive ingannevoli che il mondo di oggi offre, delle inibizioni che vengono poste alla libertà personale, delle costrizioni a mantenere determinati comportamenti per compiacere chi sta sopra di noi.
Sembra dunque che il tema centrale della canzone, oltre alla libertà, sia la capacità di scegliere, rivolgendosi alle cose più semplici, come muovere il primo passo verso la libertà stessa, oppure come imparare a coltivare i propri sogni, cosa che ci consente di germogliare come uomini nuovi e completamente cambiati.
Appare evidente anche la voglia che possiede Jo Brown di essere una luce, una guida per le altre persone, illuminando i loro cuori e rendendo tutto più chiaro e luminoso, in un contesto che permetta agli altri di distinguere ciò che serve per essere veramente liberi da ciò che ci mette le catene, che ci imprigiona e non ci permette di sognare in mezzo alla tempesta.
Alla fine, ci resta un buon brano di musica elettronica, con una voce che al primo ascolto può generare un certo sconcerto, perché anch’essa viene filtrata attraverso la tecnologia: questa sorpresa viene comunque mitigata poi dalla forza evocativa e poetica del testo, che, attraverso molte immagini, vuole farci capire che la libertà, che sia di agire, di pensare e di comportarsi, è l’elemento essenziale per una vita illuminata dalla serenità e libera dalle catene.
Ciò che conta, quando si ascolta la canzone, è saper leggere tra le righe e capire cosa veramente serve per considerarsi delle persone libere, con la speranza che la situazione che stiamo vivendo migliori presto e tutto diventi luminoso, inondato dalla luce dei sogni e della speranza.