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Recensione di “Little Man” di Giulia Ciaroni

Giulia Ciaroni, in arte Ciaro, ci fornisce in questa canzone una dimostrazione lampante è chiara del suo talento vocale: una voce potente, che, grazie alla sua forza debordante, riesce a penetrare nei meandri più nascosti del cuore e dell’anima dell’ascoltatore.

La linea melodica del brano è ridotta veramente all’essenziale: credo che sia costituita da sonorità prevalentemente elettroniche, con una linea di percussioni che fa capolino nella seconda parte.

La canzone parla del rapporto tra padre e figlio, che nell’arco di una vita attraversa diverse fasi, alcune anche molto complesse. Si passa dall’amore, alle incomprensioni, alle tensioni, fino ad arrivare a volte all’odio.

Il punto chiave del brano è rappresentato dalla ricerca, che allo stesso tempo può trasformarsi in paura di trovare e di trovarsi.

Ma, per quanto un rapporto possa vivere tensioni, attraverso l’amore si riuscirà a trovare sempre una strada per ricongiungere due anime che in fondo si appartengono, per quanto lontane possano essere.

Questo perché proprio l’amore non ha limiti, va oltre ogni accadimento e situazione: il “Little Man” di cui si parla nella canzone è dunque un figlio, a cui il padre si rivolge apertamente, a cuore aperto, dicendogli che i suoi occhi sono sempre belli: se essi sono lo specchio dell’anima, quella del figlio è considerata dal padre come candida, senza macchia, pura. Capita che padre e figlio si perdano nei giorni, nella nostalgia di ciò che avrebbe potuto essere, ma l’amore è una forza che vince tutto e riesce a riavvicinare le persone, rendendole invincibili. Anche se il padre si ritrova ad inseguire i gesti del figlio, i due hanno spesso occasione di trovarsi faccia a faccia, di affrontarsi e di ascoltarsi, scoprendo nell’amore una fonte di unità che va oltre ogni immaginazione.

L’ambiente in cui si svolge il video della canzone è piuttosto essenziale e riflette secondo me la semplicità della linea melodica: costituito da uno spazio aperto con il pavimento coperto da un telo bianco, con alcune sedie e alcuni divani posizionati al suo interno, vede la cantante muoversi al suo interno, appoggiandosi e mettendosi seduta.

C’è poi anche una sorta di specchio in cui Ciaro vede riflessa la propria immagine e cerca di toccarla dolcemente: anche questa immagine può dare adito ad una sorta di senso di nostalgia, perché il fatto che di guardare la propria immagine riflessa in uno specchio e allungare una mano verso di lei può significare che nella propria vita c’è una mancanza o che comunque si ricerca qualcosa che per un certo periodo di tempo si è avuto e che ora non si ha più.

Comunque, quello che ci resta è un’artista dalle immense capacità vocali, con una voce caratteristica, direi unica nel suo genere, che sa generare forza e potenza dal nulla, dopo aver magari sussurrato alcuni versi.

Il timbro è molto chiaro e limpido, nonostante la potenza espressa: mi sembra una voce già sufficientemente matura per affrontare canzoni molto più complesse, caratterizzate da una varietà di toni e da un’intonazione che va quindi calibrata una base al frammento di brano che ci dice trova a dover cantare. Questo senza nulla togliere alla canzone di cui sto parlando in questa recensione, che riesce a scatenare a mio parere diverse reazioni e diverse sensazioni in chi la ascolta.

Un’altra caratteristica che riscontro nella voce di Ciaro è l’espressività, la capacità di comunicare efficacemente il messaggio che vuole veicolare, di mettere tanto sentimento e tanta forza interpretativa in quello che canta.

È evidente che la passione più forte e trascinante nella vita dell’artista è il cantico e questo fatto viene trasmesso con un’efficacia e determinazione molto forti, mettendo ogni stilla di energia nella propria voce, per cantare la nostalgia, la forza, la determinazione e la riconoscenza.

Abbiamo quindi una canzone che affronta una tematica scottante e che viene cantata in modo molto espressivo e con tanta dedizione da un’artista che secondo me farà strada, se saprà continuare ad usare al meglio il proprio “strumento”.

La voce di Ciaro non ha bisogno dove essere accompagnata e sostenuta da una melodia complessa, da tanti strumenti, perché rappresenta già lo strumento principe su cui si può basare una canzone: credo dunque che il fatto di ridurre al minimo la parte di accompagnamento melodico sia stata felice e azzeccata.

Nel caso mi si presentasse l’occasione di recensire un’altra canzone della nostra artista, sarei ben felice di farlo.

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