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Asssolutamente – Bruno Caruso

Le tre esse presenti nel titolo non sono un fatto casuale. Rivendicano la voglia e la necessità impellente del protagonista della canzone di riprendersi la propria vita e la felicità di cui ogni bambino dovrebbe godere e che invece a lui non è concesso arrivare, a causa del padre violento.

C’è una finestra nella sua camera, che nonostante sia al sole, non riesce a scaldare la stanza, e lui sente il bisogno di ritrovare le coordinate che ha perso. C’è comunque un segno di speranza, perché egli afferma che, nonostante non sia impossibile perdersi in un attimo, il fatto di ritrovarsi appaia logico, per riconoscere ciò che si è.

Il protagonista del brano vorrebbe inoltre riprendersi il proprio tempo, perché quello che ha al momento non gli basta nemmeno per bere un caffè, e tutto ciò deve avvenire “asssolutamente”, con tre esse per rafforzare il concetto.

Si sente statico, immobile, nonostante l’abitudine lo costringa a correre, immerso nella gente che ha tanta paura di sentirsi inutile e sola: egli si vede mentre rincorre la sua identità rubata, ma con tanto affanno, che lo fa tremare.

Egli si ritrova a rincorrere il mondo che gli manca e deve farlo con ciò che c’è a disposizione: lui corre perché vuole scappare dal buio che lo circonda ed è talmente impegnato a farlo che non si accorge del tempo che ha. Vorrebbe riprenderselo, perché ne ha bisogno e gli serve: il buio scomparirà velocemente se lui resisterà e non si arrenderà alla realtà che lo circonda.

Ha bisogno di riprendere fiato, cosa che apparentemente non basta, ma lo fa sentire bene: il brano non si conclude in modo felice, perché egli ammette che vorrebbe nascondersi e fare finta che ciò che accade non esista, due cose che è necessario fare per non soccombere.

Nonostante i versi finali non siano dei più ottimisti, la canzone appare pervasa da un senso di rivalsa, dalla voglia di recuperare il tempo perduto, una vita normale come quella di tutti gli altri bambini, che possono godersi il proprio tempo in libertà, senza essere costretti a correre e rincorrere brevi attimi per respirare senza affanno, per non sentirsi inutile e perso e per dimenticare il buio in cui si trova. Si parla di un’infanzia rubata, di qualcosa di cui si vuole godere come fanno gli altri, di qualcosa che è stato tolto e che si vuole riconquistare a tutti i costi, anche se nascondersi e fare finta di nulla appare come il modo più semplice per uscire dalla situazione, per non crollare.

A livello melodico, la canzone è caratterizzata da una intro delicata, con un arpeggio di chitarra. A mano a mano che si sviluppano pienamente e vengono svelati i sentimenti del protagonista, il brano assume un andamento un po’ più “rock”, si movimenta ed introduce altri strumenti, come la batteria. Anche la parte di chitarra si irrobustisce, con accordi che vanno a sostituire l’arpeggio, andando di pari passo con l’intensificazione del tono della voce.

Devo ammettere che questa parte della canzone, più “forte” e robusta, mi ha ricordato alcune canzoni del gruppo “Le Vibrazioni”, per il sound caratteristico, che mescola un po’ di indie rock ad un rock più melodico.

A livello vocale, il cantante mi sembra piuttosto dolce ed evocativo all’inizio, diventando più aggressivo nel corso della canzone: si tratta a mio parere di una voce che si caratterizza per il suo incedere “selvaggio”, per la sua tonalità un po’ “sporca”, ruvida, anche se all’inizio appare un po’ cantilentante, con la medesima inflessione alla fine di ogni verso.

Devo dire che mi è piaciuto lo stacco presente alla fine del brano, quando c’è un attimo di pausa, seguito da un assolo di chitarra, breve quanto bello ed emozionante, che secondo me fa da efficace conclusione alla canzone, perché nel suo sviluppo si sovrappone alla voce di Bruno, facendole da sostegno: essa ormai assomiglia di più ad un urlo, quando egli arriva all’amara considerazione che forse è meglio nascondersi e far finta di nulla, per non essere sopraffatti dalla situazione in cui ci si trova.

Si può dire che la reale capacità vocale di Bruno Caruso si riveli gradualmente nel corso del brano, assumendo un tono sempre più struggente, con alcune increspature che rendono evidente il senso di smarrimento che il protagonista prova su di sé, a cui fa da contraltare la voglia di rivalsa, la volontà di uscire dalle brutture e dal buio che lo attanagliano, per tornare, come detto, a respirare.

Da una parte quindi c’è il racconto della situazione drammatica che il bambino si trova a vivere, condita dalle sensazioni che prova, mentre dall’altra c’è l’urlo disperato di chi cerca di ritrovare il proprio spazio nel mondo, la propria libertà, chiudendo gli occhi, prendendo un lieve respiro che fa stare bene e che, se si è capaci di non demordere, può far sparire nel nulla tutto ciò che c’è di brutto.

Questa ambivalenza a mio parere è ciò su cui si regge la canzone, e viene ben interpretata dalla voce di Bruno, che si sviluppa mentre il brano scorre, partendo più soavemente, per poi trasformarsi in una preghiera, in una supplica, manifestando al contempo una forte malinconia e una struggente voglia di riscatto.

Lo sviluppo progressivo della voce del cantante procede parallelamente allo sviluppo progressivo della melodia, che, come detto, parte con arpeggi delicati, si struttura poi con accordi piuttosto melodici e si conclude con un assolo abbastanza aggressivo, che colpisce l’ascoltatore per la sua forza intrinseca.

Alla fine, ci rimane un pezzo soft rock piuttosto compiuto e ben strutturato, con venature di indie rock.

Il brano è la dimostrazione tangibile che attraverso un testo ben costruito, con variazioni ed alternanza di emozioni al suo interno, ed una melodia altrettanto ben costruita, si possa raccontare efficacemente e compiutamente una storia e manifestare un disagio, che può essere combattuto, proprio perché viene esternato completamente ed efficacemente.

 

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